Maxi truffa sugli aiuti Covid: frode allo Stato per 440 milioni

Falsi crediti d'imposta per incassare soldi. I retroscena del blitz della Finanza

Finanzieri in azione

Finanzieri in azione

Soldi stanziati dallo Stato per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà a causa della pandemia e finiti invece in modo illecito nelle mani di professionisti, imprenditori e commercialisti che non ne avevano diritto. È la maxifrode scoperta dalla Guardia di finanza in un'indagine battezzata "Free Credit" partita da Rimini e poi estesa a diverse regioni. Complessivamente sono 78 le persone indagate e 35 le misure cautelari emesse dal gip, mentre è di 440 milioni l'importo complessivo dei fondi illecitamente percepiti attraverso la creazione e la commercializzazione di falsi crediti d'imposta. In corso anche decine di perquisizioni. 

I "furbetti"

Tra gli indagati nove avevano presentato domanda di reddito di cittadinanza e tre avevano precedenti di polizia per associazione a delinquere di stampo mafioso. Nell'inchiesta della Guardia di Finanza sono oltre 100 le società coinvolte, create ad hoc per ottenere bonus locazioni, bonus per ristrutturazioni con miglioramenti sismici ed energetici e i cosiddetti bonus facciate che nell'ultimo anno hanno portato all'apertura di una moltitudine di cantieri edili in tutta Italia.

Il "trucco"

Il sodalizio criminale , spiegano le Fiamme gialle, creava crediti d'imposta fittizi, in particolare bonus locazioni, sismabonus e bonus facciate. Tramite professionisti compiacenti, il gruppo criminale cercava società attive in grave difficoltà economica o ormai decotte, per creare indebiti crediti d'imposta. Sostituiva il rappresentante di diritto delle società con un prestanome, da cui ottenere le credenziali per poter inserire le comunicazioni di cessioni crediti nell'area riservata del sito dell'Agenzia delle Entrate (per avere uno schermo in caso di futuri accertamenti). Poi inseriva le comunicazioni dichiarando di aver pagato canoni di locazione superiori agli effettivi (persino oltre il 260.000%) o effettuato lavori edili mai iniziati, così da generare crediti di imposta non spettanti. E ancora il sodalizio cedeva i crediti d'imposta a società compiacenti e dopo il secondo passaggio a società terze inconsapevoli, così da rendere più difficile la ricostruzione.

Denaro a fiumi

Il profitto dei reati è stato poi investito in attività sia commerciali che immobiliari; veicolato, attraverso una fatturazione di comodo, verso alcune società partenopee per essere monetizzate in contanti; trasferito su carte di credito ricaricabili business, con plafond anche di 50.000 euro e prelevato in contanti tramite vari bancomat; impiegato per finanziarie società a Cipro, Malta, Madeira; convertito in cripto valute; investito in metalli preziosi, in particolare in lingotti d'oro. Durante i sequestri le Fiamme gialle, ipotizzando che che alcuni indagati potessero nascondere contanti e preziosi hanno usati "cash dog", unità cinofile addestrate a fiutare l'odore dei soldi.

Il blitz

Al blitz - scattato in Emilia Romagna e in contemporanea in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto - collaborano 44 Reparti territoriali e la componente aerea del Corpo, con il supporto tecnico dello S.c.i.c.o e del Nucleo speciale frodi tecnologiche, per un totale di oltre 200 militari. Eseguite 35 misure cautelari, di cui 8 in carcere e 4 ai domiciliari: 23 le interdittive, di cui 20 all'esercizio di impresa, nei confronti di altrettanti imprenditori e 3 all'esercizio della professione nei confronti di altrettanti commercialisti, in quanto ritenuti componenti di un sodalizio criminale con base a Rimini ma ramificato in tutto il territorio nazionale.