Coronavirus in Lombardia: undici medici in prima linea già sacrificati al contagio

La conta delle vittime si fa pesante: "Noi in guerra senza protezioni"

Da sinistra: Marco Giovita, Roberto Stella e Raffaele Giura

Da sinistra: Marco Giovita, Roberto Stella e Raffaele Giura

Codogno (Lodi), 19 marzo 2020 - «Io purtroppo non vado bene, desaturo parecchio». Diretto, asciutto com’era nel suo stile: scriveva così, il 13 marzo, Marcello Natali, medico di base con ambulatori nella prima zona rossa d’Italia, a Codogno, Corno Giovine, Cornovecchio e Castelnuovo Bocca d’Adda. Il coronavirus se l’è portato via ieri, a 57 anni. Il sito della Federazione degli ordini dei medici, listato a lutto, ha deciso di dare il conto dei suoi caduti, una Spoon river che non riesce a stare dietro agli aggiornamenti e che è destinata ad allungarsi, visto il numero degli operatori sanitari contagiati, oltre 2.600.

Negli ultimi otto giorni sono stati 11 i medici morti a causa del Covid in Lombardia. L’11 marzo è morto Roberto Stella, 67 anni, medico di base a Busto Arsizio, presidente dell’ordine dei medici, chirurghi e odontoiatri di Varese. Nel Lodigiano le croci sono già tre: prima di Natali il virus ha ucciso Ivano Vezzulli, 61 anni, di San Rocco al Porto con ambulatorio a Maleo e Giuseppe Borghi, 64 anni, di Casalpusterlengo.

In provincia di Cremona è scomparso Luigi Ablondi, 66 anni, per undici direttore generale dell’ospedale di Crema, in pensione dalla fine del 2018. Nel Comasco le vittime sono Raffale Giura, 80 anni, primario di Pneumologia al Sant’Anna fino al 2007, Giuseppe Lanati, 73 anni, pneumologo nello stesso ospedale, e Luigi Frusciante, 71 anni, medico di base in pensione da un anno. A Bergamo il 16 marzo è morto Mario Giovita, 65 anni, medico di medicina generale, mentre tre giorni prima si era arreso al virus Carlo Zavaritt, 80 anni, pediatra.

Positivo al coronavirus è morto anche Gino Fasoli, ex medico di base di Cazzago San Martino, era tornato al lavoro per l’emergenza. «Tutto questo non succede per caso – accusa Irven Mussi, anche lui medico di famiglia a Milano e amico di Natali –: siamo stati mandati in guerra senza nessuna protezione. E tu a Codogno sei stato come sempre il primo a entrare in guerra, con paura, ma con un superiore senso del dovere. Noi vogliamo continuare la tua battaglia, però vogliamo essere seriamente protetti».