Cinesi rilevano azienda di droni. Denuncia Gdf per violazione della legge sugli armamenti

L'acquisto, da parte di due società governative cinesi, non avrebbe avuto scopi di investimento ma l'acquisizione di know-how tecnologico e militare

Addetti tecnici del distretto tecnologico aerospaziale (archivio)

Addetti tecnici del distretto tecnologico aerospaziale (archivio)

Pordenone  - Violazione della legge sulla movimentazione di materiali di armamento e possibili violazioni della normativa cosiddetta «golden power» che tutela le aziende italiane strategiche. Sono i reati contestati dalla Guardia di finanza di Pordenone a una azienda italiana che produce droni militari, aeromobili e veicoli spaziali la cui maggioranza - hanno accertato le indagini - è stata rilevata, attraverso una società offshore, da due importanti società statuali cinesi.  L'azienda fornisce tra l'altro le forze armate italiane, è dunque soggetta a specifici controlli e vigilanza. La Gdf ha denunciato 6 manager (3 italiani e 3 cinesi).

L'azienda - che, appunto, tra l'altro progetta e produce sistemi U.A.V. «Unmanned Aerial Vehicle» di tipo militare e certificati per gli standard «stanag» NATO - è già stata oggetto di indagine della stessa Gdf di Pordenone per una presunta violazione dell'embargo internazionale nei confronti dell'Iran per una vendita di droni militari alla Repubblica islamica. Successivi approfondimenti hanno accertato che l'azienda, nel 2018, fu acquistata, per il 75 per cento, da una società estera di Hong Kong, e che fu valutata con un valore delle quote notevolmente rivalutato rispetto a quello nominale (90 volte superiore: 3.995.000 euro contro 45.000 euro).

Secondo gli investigatori, l'acquirente, mediante complesse partecipazioni societarie, sarebbe riconducibile a due importanti società governative della Repubblica Popolare Cinese. Un subentro societario perfezionato in modo da non far emergere il nuovo socio, con ritardi nelle comunicazioni amministrative e omettendo di informare preventivamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri dell'acquisto della maggioranza dell'azienda, violando la cosiddetta «Golden Power» che attribuisce speciali poteri alle autorità italiane sugli assetti societari di realtà strategiche in vari settori.

L'acquisto non avrebbe avuto scopi di investimento ma l'acquisizione di know-how tecnologico e militare, che ha spinto a pianificare il trasferimento della struttura produttiva nel polo tecnologico di Wuxi, città-laboratorio dell'intelligenza artificiale cinese vicina a Shanghai. Operazioni non formalizzate, secondo la Gdf, in atti societari e per le quali non era stata chiesta preventivamente l'autorizzazione ai ministeri italiani competenti. Le Fiamme gialle hanno anche accertato l'esportazione per oltre un anno in Cina di un U.A.V. militare per la «Fiera internazionale dell' import a Shanghai» (nel 2019). L'apparecchiatura militare era stata dichiarata agli uffici doganali di esportazione non come «sistema U.A.V.» o «drone», ma falsamente come «modello di aeroplano radiocomandato».

«Gli investimenti da parte di soggetti stranieri nel territorio nazionale, di per sé, presentano riflessi positivi per il sistema economico nazionale, purché siano riconducibili a 'verè operazioni di investimento, di tipo finanziario o di sviluppo di programmi imprenditoriali. In questo caso, l'acquisto della società pordenonese presentava diverse finalità: verteva sull'acquisizione della sua tecnologia, anche di tipo militare, e sulla sua delocalizzazione all'estero»: lo ha reso noto il colonnello Stefano Commentucci, comandante della Guardia di Finanza di Pordenone, commentando l'operazione sull'azienda produttrice di droni militari.

«Si tratta di condotte per le quali molti Stati, tra cui l'Italia, hanno posto limiti che derogano ai principi di concorrenza e di libertà di investimento - ha precisato -. Per i prodotti connessi a materiali di armamento, la Legge n. 185/1990 attribuisce allo Stato una specifica funzione di controllo per esportazione, importazione, transito, trasferimento intracomunitario e intermediazione, nonché la cessione delle licenze di produzione e la delocalizzazione produttiva con la previsione di applicazione di sanzioni penali in caso di inosservanza.

Per lo stesso settore, poi allargato a energia, trasporti, comunicazioni e sanità, le aziende strategiche ricadono nella normativa del "Golden Power" che disciplina i poteri speciali attribuiti al Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo della Presidenza del Consiglio per il controllo degli assetti societari. La Presidenza in caso di acquisizione di loro partecipazioni - ha concluso Commentucci - può proporre specifiche condizioni (per sicurezza di approvvigionamenti, informazioni e trasferimenti tecnologici) o opporsi alla loro esecuzione da parte di un soggetto diverso dallo Stato italiano».