Smart working scelta proficua

Lo smart working e le altre modalità di lavoro agile e flessibile sono in forte crescita

Milano, 17 settembre 2019 - Lo smart working e le altre modalità di lavoro agile e flessibile sono in forte crescita. I dati dell’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano confermano che si tratta di un fenomeno che ha preso piede anche in Italia: l’82% delle grandi imprese ha introdotto forme strutturate di orari flessibili e di postazioni di lavoro remoto per i dipendenti già prima della riforma Madia per il telelavoro del 2015, che solo nel 17% dei casi è stata uno stimolo all’attivazione di tali modelli occupazionali. Nella pubblica amministrazione, invece, il 60% degli enti con progetti di lavoro agile ha trovato stimolo nella direttiva Madia e solo il 40% l’aveva già previsto. Analizzando un campione di 358 enti della p.a. con più di 10 addetti, emerge che l’8% ha avviato progetti strutturati di smart working (in crescita rispetto al 5% dell’anno precedente), l’1% lo ha fatto in modo informale, un altro 8% prevede iniziative il prossimo anno.

La legge Madia prevede la possibilità che fino al 10% dei dipendenti pubblici che lo richiedono possano lavorare in smart working. Si può godere delle forme di lavoro con una flessibilità spazio-temporale, anche per cure parentali, senza che ciò pregiudichi il riconoscimento delle professionalità e le progressioni di carriera. Lo scorso agosto, il Movimento Cinque Stelle ha rilanciato una proposta di legge dedicata a telelavoro e co-working nelle p.a. argomentando che i lavoratori coinvolti sarebbero 600.000 e che tale soluzione porterebbe risparmi per 3 miliardi, oltre alla possibile riduzione del numero di incidenti automobilistici. In base ai calcoli M5S, la collocazione del 20% di dipendenti pubblici nel lavoro a distanza comporterebbe 1.600 incidenti, 20 morti e 2.272 feriti in meno ogni anno; 2.400 sinistri, 30 decessi e 3.408 feriti in meno considerando invece il secondo scenario del 30%. E ancora: diminuzione dei morti per malattie da inquinamento come bronchiti, asma, allergie, patologie cardio-circolatorie; dalle 300.000 alle 450.000 tonnellate di CO2 non emesse annualmente; risparmi nell’ordine di centinaia di milioni per la spesa in carburante. Senza dimenticare il miglioramento della qualità della vita dei lavoratori, che potrebbero gestire meglio il proprio tempo soprattutto per le necessità famigliari.