Qr Code e i replicanti alla Blade Runner

Il Green pass ci ha lasciato, non il Qr Code che ormai accompagna le nostre vite comparendo dove meno te lo aspetti: all'ingresso dell'ufficio, nel menù del ristorante, sui prodotti al supermercato, nei musei, sui pali dei lampioni o addirittura a sfregio di un monumento, come è accaduto proprio la scorsa settimana su una stele del Memoriale dei partigiani alla Loggia dei Mercanti scatenando una ridda di polemiche. Ammettiamolo: dipendiamo da quel quadrato composto da tanti piccoli quadratini bianchi e neri, un po' come gli algoritmi che sottendono alle decine di app che utilizziamo ogni giorno. Se quarant'anni fa lo avessero detto ai nostri nonni, avrebbero strabuzzato gli occhi un po' come quando oggi ci dicono che tra qualche manciata di anni le auto potranno volare. Tempus fugit ma guai a demonizzare il QR Code, che invece ci facilita la vita permettendoci di accedere a un mondo più ricco di racconto. La domanda da porsi, semmai, è se in questo oceano di dati e informazioni siamo ancora capaci di ascoltare per capire. Perché di giornali se ne leggono sempre meno e in treno o sul metrò i vicini sono ormai ologrammi di sfondo ai display dei cellulari, che sempre più calamitano i nostri febbrili polpastrelli e la nostra attenzione. Con il rischio che ci trasformeremo tutti in replicanti alla Blade Runner.