Omicidio Laura Ziliani, le figlie: "Ci voleva avvelenare e allora l’abbiamo uccisa"

Brescia, il 27 ottobre inizia il process o per il delitto dell’ex vigilessa di Temù

Laura Ziliani con le due figlie arrestate

Laura Ziliani con le due figlie arrestate

Brescia - Il 27 ottobre inizierà il processo. E se vorranno le sorelle Silvia e Paola Zani con il fidanzato della prima, Mirto Milani, in carcere dal 24 settembre 2021 per l’omicidio pluriaggravato e l’occultamento del cadavere della madre delle ragazze, Laura Ziliani, potranno ripetere quanto a maggio dissero al magistrato nell’interrogatorio-fiume di 18 ore: "L’abbiamo uccisa perché lei voleva ammazzarci. Eravamo disperati, non sapevamo che cosa fare, avevamo paura".

Imputati Silvia e Paola, 27 e 20 anni, addetta in una Casa di riposo la maggiore, studentessa di Economia la minore, e poi il sopranista lecchese laureato in Psicologia, 28 anni, fidanzato di Silvia e per chi indaga amante di Paola. Ziliani, 55 anni, ex vigilessa a Temù e poi impiegata comunale a Roncadelle, la notte tra il 7 e 8 maggio 2021 muore soffocata dopo essere stata stordita da una dose massiccia di Benzodiazepine infilata in un muffin. Sepolta sul greto dell’Oglio, viene rinvenuta 3 mesi dopo. Il movente stando al “diabolico trio“ non è economico: la madre aveva già tentato di eliminare le ragazze, in un caso con la candeggina nel latte, in un altro con una sostanza caustica nel sale.

"Abbiamo avuto sentore della sua volontà di ucciderci solo tramite gli alimenti" è la versione della maggiore. "Mia madre si sentiva bloccata con 3 figlie, di cui una disabile, e l’idea che avevamo è che voleva liberarsi di noi - disse a verbale Silvia -. Già nell’estate 2020 iniziammo a pensare a come risolvere il problema, cioè a ucciderla. Avevamo deciso per lo strangolamento. Dovevo fare questa cosa perché non avevo via di scampo, ma non volevo assolutamente soffrisse. Inizialmente io e Mirto ne avevamo parlato anche con Paola ma lei non voleva saperne. Anche se era convinta che la mamma volesse ucciderci piuttosto che farle del male preferiva morire lei".

Il primo tentativo, con la tisana ‘drogata’ nell’aprile precedente, naufraga. Si arriva al muffin imbottito. "Io ero decisa - continua Silvia, ammettendo di aver confessato il delitto solo dopo aver saputo che Mirto aveva parlato con il compagno di cella -. Sono entrata nella sua camera, ricordo di averle messo le mani attorno al collo, Paola la teneva ferma con il suo peso. Mia madre ha iniziato a rantolare, a quel punto Mirto si è accorto che non stava andando come previsto ed è entrato in stanza. Ha messo lui le mani al collo. In un certo senso mi ha dato il cambio". Poi i tre caricano il corpo in auto e, Mirto al volante, lo seppelliscono.