"Non lasciate che ci isolino ancora"

L’appello di Asia e Angela, due studente del liceo “De André“ che hanno partecipato a una ricerca di Unicef

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di Federica Pacella

"Non permetteteci più di isolarci. E rispettate i nostri tempi". Un grido d’aiuto che arriva dagli adolescenti tramite le parole di Asia e Angela, studentesse del liceo “De André“ di Brescia, che hanno partecipato alla ricerca promossa da Unicef e dall’Ufficio di Ricerca Unicef Innocenti. L’indagine è sfociata nel rapporto “Vite a colori“, che raccoglie le esperienze vissute dai ragazzi tra 11 e 19 anni nel primo anno di pandemia: il report, disponibile sul sito di Unicef, sarà presentato il 25 febbraio ai referenti provinciali di Scuola Amica e agli istituti interessati. "Siamo stati coinvolti nel progetto in quanto Scuola Amica di Unicef – spiega la professoressa Lucia Molinari – ben 16 ragazzi hanno chiesto di aderire, nonostante ne fossero richiesti 4. È stata elaborata una modalità di partecipazione che consentisse di ascoltarli tutti". Il numero stesso di adesioni dal “De André“ è indice della volontà degli adolescenti di poter dire la loro in un momento in cui tutto il loro mondo era stravolto. "Durante il progetto, mi sono resa conto – spiega Angela Fernando – di non essere sola, perché tutti i miei coetanei stavano vivendo le mie stesse difficoltà: non ci conoscevamo, ma eravamo uniti dall’esperienza della pandemia". Compressi nella socialità, ma anche caricati da aspettative che non tutti potevano soddisfare, si è generata per gli adolescenti una spirale di ansia e paura.

"Sembrava che la scuola pretendesse di più di quello che potevamo dare – ricorda Asia Boletti, parlando dei primi mesi di pandemia – c’è chi è riuscito a trovare comunque degli aspetti positivi, chi invece non ce la fa ancora oggi". Sono molti i giovani che non riescono più a ripartire, addirittura neanche a socializzare. Lo rilevano psicologi, docenti ed educatori, ma sentirlo dire da chi è nel fiore degli anni (e che nonostante tutto non perde il sorriso) fa riflettere. "Anche oggi, se mi invitano ad uscire, faccio fatica – racconta Asia – per questo, se dovesse capitare di nuovo un’ondata pandemica, chiederei di non lasciarci soli e di non permetterci di isolarci nuovamente". "E aggiungerei di non aspettarsi troppo da noi", aggiunge Angela. Perché i giovani (come gli adulti) non sono circuiti “on-off“: serviva tempo per abituarsi alla chiusura, serve tempo ora per ritornare in presenza, in un contesto in cui le quarantene, pur in diminuzione, restano all’ordine del giorno. Da parte sua, il “De André’, da sempre attento alla "pedagogia della vicinanza" come specifica il vicepreside Massimo Pesenti, ha cercato di mantenere il senso della comunità. "Col progetto di accoglienza “Filottete“ – racconta Pesenti - ad esempio i ragazzi di quinto anno hanno accolto quelli del primo". Ma dopo Covid c’è bisogno soprattutto di aiutare i ragazzi a rimettere insieme i pezzi, senza pregiudizi.

"Registriamo una grande richiesta d’aiuto per superare la fobia scolastica – spiega il preside del “De André“ Denis Angelo Ruggeri – tanto che abbiamo avviato un ciclo di incontri per docenti, genitori e ragazzi. Vediamo una diffusa ansia nell’affrontare la vita, nel tornare fisicamente in classe, ma anche nel sostenere lo sguardo dell’altro. Ne conseguono derive di violenza ma anche derive positive, di altruismo e di messa in gioco, che sono encomiabili".