
Siamo nel 1944: Benito Mussolini passa in rassegna un drappello di volontari della Repubblica di Salò
Salò (Brescia) – Sono passati ottant’anni dalla fine della guerra. Centouno da quell’onorificenza a Benito Mussolini, iscritta con tutti gli onori nei registri del Comune. Ma il nome di Salò, quella piccola cittadina sulla sponda besciana del Lago di Garda diventata la capitale dell’effimera Repubblica sociale, nata sotto l’ala nazista, non smette di essere un simbolo e di dividere. La maggioranza di centrosinistra vorrebbe revocare la cittadinanza onoraria, conferita al fondatore del fascismo ben prima di ritrovarsi al centro della storia tragica della Rsi. E sul dibattito, immediatamente esploso in vigorose polemiche, interviene dalla vicina Adro anche l’eurodeputato leghista, il generale Roberto Vannacci. “Togliere la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini? Sono decisioni estemporanee, antistoriche. Sarebbe come togliere qualcosa a Napoleone o Giulio Cesare”.
Non doveva pensarla diversamente Salvatore Punzo, il commissario prefettizio che nel 1919 fu spedito nel borgo, allora un nome qualunque sulla mappa, a consolidare il regime e creare la sezione locale del Pnf. Fu lui, il 13 maggio 1924, a prendere d’autorità la decisione di iscrivere Mussolini fra i cittadini onorari. Nessuno, allora, protestò. E nessuno si ricordò della vicenda fino al 2019, quando l’allora opposizione di centrosinistra avanzò l’idea di cancellare il Duce dai registri. A chiederlo, l’allora consigliere Stefano Zane, nipote dell’ex sindaco partigiano, il senatore Dc Francesco Zane.
“Un atto di grande valore simbolico”, lo definì ai tempi. Da allora la discussione è stata affrontata tre volte, due delle quali senza successo. Cinque anni fa, l’idea fu bocciata perché considerata dall’allora maggioranza di centrodestra “pregiudiziale” anche in vista del mantenimento dell’“ordine pubblico” data la vicinanza con le elezioni amministrative, che avrebbero riconfermato lo stesso primo cittadino dei tempi: Giampietro Cipani. Lo stesso che archiviò il caso con un “ne riparleremo”.
Accadde l’anno successivo: Giovanni Ciato, capogruppo di una lista di minoranza di centrosinistra, presentò una mozione sottoscritta anche da Francesco Cagnini, l’attuale primo cittadino. Anche la seconda volta la proposta venne respinta, con 14 voti contrari. Ora, dopo quattro anni, a guidare il Municipio c’è chi allora era all’opposizione. Ed è venuto, a loro parere, il momento di “riparlarne”. Se ne discuterà mercoledì 26 in Consiglio comunale e questa volta il risultato potrebbe essere diverso che nel passato, almeno stando ai numeri sulla carta.
Non mancano le prese di posizione. Il sindaco Cagnini, che nel 2020 sottolineò l’importanza del provvedimento, annunciato e messo a calendario dalla riunione dei capigruppo, ora vuole allontanare la polemica. “Ne parleremo solo e esclusivamente in Consiglio comunale – afferma –. Per rispetto al Consiglio stesso non rilasciamo dichiarazioni e per questa settimana lavoreremo su altri temi importanti per la comunità”. Chi discute del tema è invece ancora Giovanni Ciato, che è rimasto alla guida della stessa lista, ancora in minoranza, dopo una spaccatura a sinistra. E si mostra perplesso: “Aspetto di leggere la mozione e meditare su di essa, punto per punto – dichiara Ciato – ripresentare lo stesso testo, respinto due volte, non chiude con il passato. Al contrario, questa terza mozione va a legittimare chi, in futuro, si sentirà nel diritto di riproporre Salò capitale dell’ultimo fascismo”.
Sono del parere di togliere la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini le associazioni partigiane. “In Italia Salò è un tema sensibile – dice Dario Bellini, presidente dell’Anpi del Medio Garda – e proprio a Salò da un po’ si attendeva questa scelta. In Italia sembra che non ci sia ancora una condanna vera del fascismo. Chiediamoci perché la figura di Mussolini ancora è presa a simbolo, con una storia di morte alle spalle. È tempo di fare questo passaggio”. Fra Napoleone e Giulio Cesare, forse anche a Salò il dado è tratto.