Idro, nuove indagini sul consumo di acqua

Anche grazie alla relazione dei carabinieri Forestali, il tribunale ha concesso quattro mesi di tempo per accertare eventuali violazioni

Il lago d'Idro

Il lago d'Idro

Brescia, 19 novembre 2019 - Nuove indagini per far luce sull’uso delle acque del lago d’Idro. Una prima vittoria, quella riportata dall’associazione Amici della terra che da anni pone l’attenzione sullo sfruttamento dell’Eridio. «Nel giugno 2016 – spiega il presidente Gianluca Bordiga – avevamo depositato un esposto penale per portare all’attenzione della Procura della Repubblica ben quattro reati del codice penale per disastro ambientale causato al lago d’Idro nel corso di 90 anni di sfruttamento abnorme delle sue acque». Il periodo considerato va dal 1917 al 2007, quando di fatto sono stati utilizzati, soprattutto per scopi agricoli, fino a 7 metri verticali del lago (dal 2007 l’accordo prefettizio ha ridotto l’escursione massima ad 1,3 metri).

Nel 2008 la vicenda si arricchisce di un nuovo capitolo, quando la Regione prospetta un nuovo progetto per sostituire gli attuali manufatti di scarico e regolazione delle acque (tra cui la ‘Galleria degli agricoltori’), alla luce anche di una paleofrana che potrebbe generare franamenti tali da sbarrare l’alveo del fiume. Contro questo progetto («di fatto – sottolinea Bordiga – si tornerebbe ai 3,25 metri») è scattato il ricorso dell’associazione, che è in attesa del responso del Tribunale superiore delle acque pubbliche. In parallelo, però, è andato l’altro esposto, quello penale appunto, con cui l’associazione ha voluto capire se e quanti danni siano stati causati dallo sfruttamento del lago.

Nei giorni scorsi il Tribunale ha accolto il ricorso presentato tramite l’avvocato Lorenzo Cinquepalmi contro l’iniziale rigetto da parte del Gip. Decisiva la relazione fatta dai carabinieri Forestali che scrivono che, al netto della necessità di rifare la ‘Galleria degli agricoltori’, «sembrano tuttavia giustificate le osservazioni dell’associazione, corredate da pareri competenti, che indicano quasi prossima allo zero la possibilità di un evento franoso dell’area denominata ‘Paleofrana’». Inoltre, «ancor più rilevante è il fatto che non sia stato previsto alcun intervento contenitivo della frana, mediante realizzazione di pozzi drenanti e profilatura del pendio». Tali lavori comporterebbero una spesa di parecchio inferiore a quella preventivata, tanto che «ciò potrebbe far pensare che le opere siano state ideate con secondi fini e che l’esecuzione dei lavori possa arrecare danno all’assetto idrogeologico che ambientale del territorio, nonchè compromettere seriamente il deflusso minimo vitale».

Ora il tribunale ha dato 4 mesi per ulteriori indagini che accertino un tentativo di abuso di ufficio da parte delle pubbliche amministrazioni.