Omicidio Yara, Bossetti: "Non sono Ignoto 1, voglio uscire dal carcere a testa alta"

A riportare le parole del muratore di Mapello, condannato all’ergastolo per la morte della 13enne, è il suo legale Claudio Salvagni

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo, 3 febbraio 2021 -  Dopo 10 anni potrebbe riaprirsi il caso dell'omicidio di Yara Gambirasio: la 13enne scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra in provincia di Bergamo, e ritrovata morta il 26 febbraio 2011. La condanna definitiva all'ergastolo per Massimo Bossetti, pronunciata il 12 ottobre 2018 dalla Corte di Cassazione, sembrava essere l'episodio finale, ma il 13 gennaio scorso la Corte Suprema ha annullato con rinvio le ordinanze con cui il presidente della Corte d'Assise di Bergamo aveva respinto, dichiarandola inammissibile, la richiesta degli avvocati di Bossetti di accedere ai reperti dell'indagine. Ora, quindi, si torna a Bergamo e altri giudici dovranno nuovamente pronunciarsi sulla possibilità che la difesa visioni, tra l'altro, i campioni di Dna e gli abiti di Yara.

Intanto, il muratore di Mapello è tornato a sperare. "E' contento e molto positivo", ha raccontato a Cusano Italia TV uno dei suoi legali, l'avvocato Claudio Salvagni. E ancora: "Massimo ha detto 'io continuo a credere nella giustizia, voglio da quel portone del carcere, a testa alta e soprattutto voglio uscire non per un cavillo giuridico perché i miei avvocati hanno trovato magari i cavilli giusti, ma voglio uscire perché i nuovi esami attesteranno che quel DNA non è il mio, io non sono Ignoto-1, io non ho mai visto, mai toccato e tanto meno ucciso Yara Gambirasio'".  "E noi - ha aggiunto Salvagni- siamo molto fiduciosi di arrivare a una revisione del processo perché crediamo fermamente nel nostro lavoro e nell'innocenza di Bossetti".

Secondo il legale, è una questione di tempo e di procedure “ma il risultato positivo io lo vedo più vicino che mai”. L’avvocato definisce quello a Bossetti come il “processo delle anomalie e delle zone d’ombra” dove gli inquirenti “hanno bypassato” quello che non sono riusciti a ricostruire. “Come sul movente: voglio ricordare che nei processi indiziari il movente è importantissimo perché è il collante che tiene insieme tutti gli indizi. E nel caso specifico sono le sentenze che lo dicono: manca un movente. È un caso oggettivo che Massimo Bossetti e la povera Yara non si sono mai visti, mai incontrati, non si conoscevano”, ha aggiunto ancora Salvagni.