Soldi spariti, la badante a processo

Bergamo, la donna accusata di essersi impossessata di 50mila euro. Chiesta la condanna a tre anni

Migration

A sentire il racconto dei figli, tra la mamma (deceduta nel 2020 a 90 anni) e la badante che l’accudiva si era instaurato un buon rapporto. Un esempio: spesso capitava che cucinassero assieme. Rapporto di fiducia che si è incrinato irreparabilmente quando i figli dell’anziana hanno fatto un prelievo in banca scoprendo un ammanco sul conto corrente cointestato. Si parla di una cifra che si aggirerebbe sui 50mila euro. Degli ammanchi è accusata D.B. 50 anni, romena, imputata di circonvenzione di incapace: ieri in udienza (giudice Ruggeri) non era presente. Il pm, al termine della sua requisitoria, ne ha chiesto la condanna a tre anni e una multa di 300 euro. Repliche e sentenza alla prossima udienza il 20 giugno. I fatti contestati sono compresi nell’arco di tempo che va da maggio 2017 a settembre 2018. Secondo l’accusa, la badante (difesa dall’avvocato Michele Cesari), durante il periodo in cui ha lavorato come collaboratrice domestica (come da contratto) dalla pensionata avrebbe abusato dello stato di deficienza psichica della signora (affetta da un inizio di demenza senile, un principio di Alzheimer) per indurla a effettuare dal conto corrente bancario intestato a lei dal giugno 2017 al settembre 2018 svariati prelevamenti alla cassa e con il bancomat. La badante, nel 2018, si è messa in malattia per una ventina di giorni terminando il suo lavoro dalla signora.

E guarda caso, come ha sottolineato il pm, da allora non è successo nulla. I prelievi non avevano sempre gli stessi importi: variavano da 750 euro, fino a tetto massimo di oltre 3mila euro. La badante arriva a casa della pensionata alle 8 e va via alle 18. La signora conduceva una vita frugale (il massimo che si concedeva era un cappuccino al bar, un lusso) però, come è emerso in aula, disponeva di contanti a casa. Era lei che pagava la collaboratrice. Lei si faceva accompagnare in banca. "Non vi è dubbio che dall’istruttoria è emersa la colpevolezza" è stata la chiosa finale dell’accusa nell’invocare la condanna.

Alla richiesta si è associato l’avvocato di parte civile, Alessandro Magni, che ha sottolineato come i figli dell’anziana "si fidavano della badante. La signora per via del suo grado di demenza senile a volte non si ricordava se aveva spento il gas, e per questo era necessario seguirla". Si è ventilata l’ipotesi che la poveretta potesse uscire da sola la notte e recarsi lei stessa a fare dei prelievi con il bancomat. "Non è vero, una ricostruzione che appare inverosimile, visti i suoi vuoti di memoria". Secondo la difesa, avvocato Cesari, che ha chiesto l’assoluzione della badante, la salute dell’anziana non era così grave come sarebbe stato descritto. Tant’è che davanti alla pg durante l’indagine, era presente. Aveva una buona vita sociale. Tornando ai prelievi, il difensore ha sottolineato come "la sua assistita non era a conoscenza del codice bancomat della signora, e dai riscontri della Polizia Giudiziaria non era emerso nulla di strano, nemmeno i prelievi sospetti." F.D.