Mario Tadini, il bergamasco dimenticato che fondò la Ferrari

Contribuì alla nascita della scuderia ma scomparve dai libri di storia. A riscoprire la sua figura alcuni studenti di prima media

Mario Tadini in piedi a sinistra in uno scatto del ’33 impegnato in una corsa in Austria

Mario Tadini in piedi a sinistra in uno scatto del ’33 impegnato in una corsa in Austria

Calcio (Bergamo), 19 ottobre 2020 - Se non fosse stato per un bergamasco, la Ferrari non sarebbe nata. Oppure sarebbe nata ma in altri modi, altri tempi, chi lo sa. Quel che invece si sa è che alle origini della scuderia del cavallino c’è stato un bergamasco doc, Mario Tadini. Commerciante d’abiti e pilota spavaldo, nell’ottobre del ‘29 finanziò l’intuizione e l’ambizione di Enzo Ferrari, insieme ai fratelli ferraresi Caniato, con 130 azioni da 130mila lire. Il passare del tempo, però, non gli ha reso giustizia e le sue tracce si sono sbiadite così tanto che a lungo si è creduto che fosse nato a Bologna. A riscrivere la storia del “re dello Stelvio”, salita che affrontava con piglio e una tecnica rimasta a lungo misteriosa, ci ha pensato un manipolo di ragazzini di undici anni, studenti di prima della scuola media “Martiri della Resistenza” di Calcio, in provincia di Bergamo. "Con il laboratorio di giornalismo storico stavamo facendo una ricerca sui piloti del territorio – spiega il prof Stefano Gelsomini – e ci siamo imbattuti in Mario Tadini. A Calcio questo cognome è associato ai conti Tadini e così a un ragazzo è venuto il dubbio: ma non è che anche questo Tadini è di Bergamo?". In più veniva citato in un articolo del ’35 de Il Littoriale (Corriere dello Sport) come "nativo di Bergamo". "Ho detto ai ragazzi: se avete ragione voi, finirete sui giornali".

Gli studenti e il prof contattano l’anagrafe di Bologna, inseguono i suoi spostamenti a Lesa, ad Alba e scoprono che sì, hanno ragione loro. Inizia un bel lavoro di ricerca su un centinaio di giornali e riviste dell’epoca, italiani e stranieri, con l’obiettivo di ricostruire la storia, o almeno una parte, della vita di Tadini. Il suo nome aveva travalicato i confini nazionali, addirittura europei: di lui scrivevano perfino i giornali in Australia. E poi ci sono un video dell’Istituto Luce del 1930 e i racconti di tre dei suoi figli, che hanno permesso di ricostruire un po’ di biografia di questo bergamasco avventuroso ma riservato, tanto che non esiste quasi nessuna sua dichiarazione. La sua storia la raccontano gli altri.

Mario Tadini nasce nel 1905, figlio di Ercole, ricco commerciante proprietario dei “Grandi Magazzini Italiani Tadini“, una catena di negozi di abbigliamento con filiali in tutto il Nord Italia. Una di queste era a Bologna e lì Mario finisce a 15 anni ad aiutare in bottega. I destini dei pionieri della Ferrari si incrociano nel settembre 1929 al Giro delle tre Province, tra i piloti ci sono Tadini e Alfredo Caniato, entrambi guidano auto Alfa Romeo comprate da Enzo Ferrari. Un mese dopo, il 5 ottobre, a una cena di gala a Bologna, nella Sala dei Ricevimenti della Casa del Fascio nasce l’idea della scuderia, i soci di Ferrari sono proprio quei piloti scavezzacollo – Alfredo e Augusto Caniato e lo stesso Tadini – clienti del Cavaliere, che nei mesi precedenti avevano corso con le sue auto. La nuova scuderia parte con cinque vetture Alfa Romeo e il presidente era proprio Tadini. Il quale però evidentemente preferisce stare al volante e nell’aprile 1930 partecipa a proprio spese, perché così voleva Ferrari, alla sesta Mille Miglia con la sua Alfa Romeo 6C 1750 Spider Zagato: è la prima auto della Scuderia Ferrari a scendere in pista, le cineprese del Cinegiornale immortalano in un breve filmato muto e in bianco e nero la partenza da viale Rebuffone a Brescia. L’avventura finisce con un ritiro, ma Tadini ci riprova anche negli anni successivi. Nel ’35 ottiene il secondo posto, "ventre a terra", scrive su Il Littorale Corrado Filippini, che lo definisce "dilettante, ecco, egli è, squisitamente, dilettante. Come tale la sua abilità di guida è meravigliosa".

Ma ”il suo regno”, come disse lo stesso Ferrari, era la salita dello Stelvio: Tadini aveva doti di scatalatore, tra il ‘32 e il 39 la vince cinque volte di cui quattro di fila, non ci sono Varzi e Nuvolari che tengano. Il trucco del bergamasco per affrontare i tornanti verso il passo senza perdere secondi preziosi è stato messo a punto – lo spiega un libro del ‘47 scritto da Giovanni Canestrini – dopo aver percorso la strada da Trafoi al passo "impicciato nella sua manovra dalla mole del meccanico che gli stava al fianco". Tadini, che nel ’35 guadagnava come pilota 87mila lire, era così famoso da finire anche sulle “cartine“, le figurine dell’epoca. Nel 1940 lascia le gare, poi lo sfollamento a Lesa, il secondo matrimonio nel ’55 e la morte nel 1983. È sepolto nella tomba di famiglia a Bergamo, la sua Bergamo che però l’ha un po’ dimenticato. E allora i ragazzi di Calcio lanciano la proposta: un museo a Tadini lì dove tutto iniziò.