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I cent’anni del cardinale Capovilla: «Francesco come Giovanni XXIII»

"La Chiesa si aggiorna, non è un museo". Il cardinale Loris Capovilla ha trascorso dieci anni accanto al cardinale Angelo Roncalli che divenne papa Giovanni XXIII di Gabriele Moroni

Il monsignore Loris Capovilla

Sotto il Monte, 14 ottobre 2015 - Cent'anni. Il cardinale Loris Francesco Capovilla tocca oggi il traguardo del suo secolo. Un secolo sotto la grande ala della Storia. Dieci anni trascorsi accanto al cardinale Angelo Roncalli, prima patriarca di Venezia, poi papa Giovanni XXIII. Capovilla vive a Sotto il Monte, a Ca’ Maitino, l’abitazione di famiglia dei Roncalli, la residenza estiva del futuro Pontefice dal 1925 al ’58.

Eminenza, che significato ha per lei questo centenario? «Sono sereno. Come ho scritto recentemente, non ho eventi speciali da raccontare se non l’incontro con papa Giovanni e il sentimento di gratitudine verso i miei genitori e mia sorella Lia. Ricordo anche con infinita commozione e gratitudine suor Saveria Bertoli, suor Primarosa e suor Nazarita Bosio, incomparabili per il servizio reso a papa Giovanni, con silenzio operoso, fedeltà e umiltà».

Come trascorrerà la giornata del suo compleanno? «In preghiera e solitudine. Ricordando episodi della mia vita, gioiosi alcuni, mesti altri, ma che hanno comunque segnato in un modo o nell’altro il mio cammino. Una lunga vita, costellata di gioie e dolori, al pari di molti altri miei simili. Il fatto di essere diventato orfano in giovanissima età mi ha fatto capire subito che il tempo della fanciullezza era già finito prima ancora di averlo potuto assaporare. Certamente il Signore mi ha voluto regalare l’incontro con il cardinale Roncalli, poi futuro Giovanni XXIII, che ha segnato per sempre la mia vita. Non mi sono mai sentito all’altezza dell’arduo compito che mi era stato affidato dalla Provvidenza, ma posso dire che ho cercato sempre di servirlo al meglio delle mie capacità».

Lei si è definito «contubernale» di papa Giovanni. «Non è esatto. È lui che mi ha definito così».

Ma chi è il contubernale?  «Conturbernale è chi serve in silenzio, chi si dona gratuitamente a una causa. È chi professa la fede assieme al suo superiore e insieme coltiva la ‘pietas’. Con lui prega, soffre, lavora. Spezza accanto a lui il boccone di pane quotidiano, anche senza sedere al suo fianco, perché lo consuma in un angolo della cucina. Gli fui fedele durante i dieci anni trascorsi assieme».

Vede un’affinità fra papa Giovanni e papa Francesco? «La vedo soprattutto nell’amore che riscuotono fra la gente».

Dove va oggi la Chiesa? Giusto conservare, giusto innovare e come innovare? «La Chiesa continua nella direzione di avvicinare gli ultimi, gli esclusi e gli emarginati. C’è una sete di giustizia, di amore, di fratellanza. Ci sono segnali belli che oggi forse percepiamo appena. Forse intravediamo solo timidi cambiamenti perché siamo abituati a ragionare con le ore e i giorni, ma Dio è eternità e non possiamo comprendere tutto con le nostre capacità limitate. È vero, però, che molti soffrono in varie parti del mondo e per loro dobbiamo cercare di fare tutti la nostra parte, affinché le sofferenze possano essere alleviate il prima possibile. La Chiesa si aggiorna perché è viva, non un museo fermo e immobile, ma senza mai tradire l’insegnamento iniziale».

Il futuro, i giovani. «Io, alla vigilia dei cento anni, dico che ho fiducia nel futuro e invito anche i giovani e non lasciarsi mai abbattere dalle difficoltà, ma a essere positivi, altruisti e soprattutto onesti. Per il resto, Dio ci aiuta e non ci abbandona».