Omicidio Yara, il procuratore capo: "Non è in discussione la comparazione del Dna"

Antonio Chiappani, alla guida dell'ufficio inquirente di Bergamo, torna sulla presunta frode processuale. Nei giorni scorsi la richiesta del gip di indagare il sostituto Letizia Ruggeri

La pm Ruggeri, Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

La pm Ruggeri, Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo - Sarebbero ancora in attesa di essere assegnati al pm gli atti sulla presunta frode processuale e depistaggio delle indagini su Yara Gambirasio che il gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, ha deciso di trasmettere alla procura veneta per l’iscrizione nel registro degli indagati del sostituto procuratore Letizia Ruggeri. Gli atti, sui quali il gip ha chiesto un ulteriore approfondimento, arriveranno sul tavolo del procuratore Bruno Cherchi, che li assegnerà ad uno dei magistrati del suo ufficio competenti in materia.

Tutto nasce dalla denuncia e dall’opposizione all’archiviazione presentata dai legali di Bossetti, il muratore ritenuto colpevole dell’omicidio della ragazzina 13enne di Brembate scomparsa il 26 novembre del 2010 e trovata, tre mesi dopo morta in un campo. Il tema su cui il gip chiede una nuova tranche di verifiche è legato alla conservazione di 54 reperti con tracce di Dna che, di fatto, hanno rappresentato l’architrave dell’impianto accusatorio a carico di Bossetti. Il nuovo approfondimento d’inchiesta è legato, nell’arco temporale dei tre gradi di giudizio, allo stato di conservazione degli elementi di prova sul Dna.

Sulla vicenda è tornato anche il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani: "Non capisco che incidenza possano avere le 54 provette che contengono residui del Dna analizzati e consumati a fronte dei tre pronunciamenti con sentenza di colpevolezza di Bossetti. E in particolare a fronte di analisi effettuate dai Ris di Parma e contestualmente dai consulenti durante il dibattimento. Dovendo altresì precisare che la comparazione del Dna di Bossetti non viene messa in discussione, precisando che bastano 21 marcatori e adesso anche meno. Questa precisazione per sottolineare che non vi è interesse della procura a nascondere le provette già ampiamente analizzate. Queste provette sono state crioconservate sin dal 28 febbraio 2013 al laboratorio del San Raffaele e poi spostate. Mi chiedo quale norma imponga il mantenimento dei reperti all’infinito dopo il passaggio in giudicato di una sentenza".