Paragonò la Kyenge a un orango, processo a Calderoli per diffamazione

Roberto Calderoli assente ha avanzato il legittimo impedimento, ma non è stato accettato. Kyenge in aula: "Le offese andavano oltre la mia sensibilità e colpivano l'intera comunità italiana e quella degli immigrati"

Roberto Calderoli (LaPresse)

Roberto Calderoli (LaPresse)

Bergamo, 30 giugno 2015 - In Tribunale c'era Cecile Kyenge, ma non Roberto Calderoli. Il processo appena iniziato riguarda un caso di diffamazione risalente al 13 luglio 2013, quando il senatore della Lega paragonò l'ex ministro a un orango«Umanamente ho accettato le scuse di Calderoli, ma le offese andavano oltre la mia sensibilità e colpivano l'intera comunità italiana, di cui faccio parte, e la comunità degli immigrati che vivono in Italia». L'ex ministro dell'Integrazione, al processo che vede imputato per diffamazione aggravata dalla discriminazione razziale Calderoli che alla festa della Lega di Treviglio, proferì le espressioni ora sotto l'esame del giudice. L'ex ministro era in aula come parte offesa. Non c'era, invece, Calderoli e i giudici hanno anche respinto l'istanza di legittimo impedimento presentata dai suoi legali. Nel caso fosse stata accolta, il processo sarebbe dovuto essere rimandato.

In aula l'ex ministro ha riferito ai giudici quanto accadde dopo l'offesa durante il comizio di Calderoli nella Bergamasca: «Mi mandò dei fiori nel mio ufficio da ministro - ha raccontato - e poi mi telefonò per chiedermi scusa. Dal punto di vista umano ho personalmente accettato le sue scuse. Mi sono però resa conto che le offese andavano ben al di là della mia persona».