Foppolo, ex assessore a processo. Il pm chiede una pena di 5 anni

L'imputato Enrico Piccinelli, secondo l'accusa, avrebbe ricevuto una "stecca" da 275mila euro per far approvare il Pgt. La difesa: "Ricostruzione fantasiosa"

Enrico Piccinelli, ex assessore di Forza Italia

Enrico Piccinelli, ex assessore di Forza Italia

Bergamo - Gli elementi di prova per cui la Procura ritiene colpevole l’ex assessore provinciale ed ex senatore di Forza Italia, Enrico Piccinelli, a processo per corruzione, sono 4. Li ha riassunti il pm Carmen Santoro. Il denaro che avrebbe ricevuto, 275 mila euro; il ruolo rivestito all’epoca dall’imputato; le ripercussioni che questa vicenda ha avuto sull’immagine e sull’economia di Foppolo; le sanzioni applicate ai coimputati (condannati). E alla fine è arrivata la richiesta di 5 anni di condanna per Piccinelli. Quei 275 mila euro dovevano servire per spingere e far approvare, tra il 2013 e il 2014, il Piano di governo del territorio (Pgt) dei Comuni di Foppolo e Valleve. Per l’accusa, Piccinelli, presente in aula, non merita le attenuanti generiche nonostante l’incensuratezza. E’ toccato poi alla collega Silvia Marchina, nella sua requisitoria, ripercorrere la vicenda davanti al Collegio del presidente Bianca Maria Bianchi (con i colleghi De Magistris e Longobardi).

Dalle dichiarazioni dell’ex sindaco di Foppolo, Giuseppe Berera, quelle dei fratelli commercialisti Maria Cristina e Fulvio Boccolini (hanno patteggiato 2 anni) che avevano tirato in causa Piccinelli per una vecchia amicizia (Piccinelli aveva un ufficio da loro, contratto siglato nel 2015) e ritenute dalla Procura credibili. Le dichiarazioni di Arioli, quelle di Santo Cattaneo, ex sindaco di Valleve, e amico di Berera; gli accertamenti del consulente informatico della Procura. Un intreccio da cui, secondo l’accusa emergerebbe il coinvolgimento di Piccinelli per "vedere le carte e far approvare il Pgt", a cui erano interessati imprenditori.

Il piano, che presentava da subito delle problematiche evidenti, non venne approvato dalla Provincia. Il Comune di Foppolo, parte civile (avvocato Valentini) ha chiesto un risarcimento per il danno di immagine. Per l’ex senatore, che si è sempre dichiarato innocente, hanno parlato gli avvocati Mauro Angarano e Gianluca Quadri e invocando l’assoluzione "perché il fatto non sussiste". Fra gli elementi che i difensori hanno enucleato ci sono l’inattendibilità dei principali accusatori, i fratelli Boccolini. Perché avrebbero dovuto mentire, autoaccusandosi di un reato così grave come la corruzione? "Perché se avessero ammesso — ha sottolineato l’avvocato Angarano —, avrebbero avuto problemi a rapportarsi con chi aveva finanziato un’operazione che era inventata. Tutto falso".

Per la difesa un millantato credito. "La storia dei Boccolini è fatta di nebbia, è irragionevole credere alle loro dichiarazioni". Angarano ha spiegato che quel piano non poteva essere approvato ("Lo hanno spiegato i funzionari della Provincia, Crespi e Epinati"). E poi ha puntato il dito su quei 300 mila euro mandati in Svizzera che i Boccolini avevano ammesso che volevano tenere loro. Una confessione per nulla genuina, per gli avvocati, perché quello era denaro tracciato (come emerso dagli accertamenti della Gdf) e loro lo sapevano. E lo dimostra che quando furono convocati per la prima volta sapevano già perché.