"Dopo il Covid si prediligono mezzi propri"

Il professore di economia sostenibile dell’Università di Brescia: per molti sindaci non è un problema

"Dopo il Covid si prediligono mezzi propri"

"Dopo il Covid si prediligono mezzi propri"

Maggiore diversificazione delle fonti rinnovabili, più coraggio sul trasporto pubblico, maggiore pianificazione per ridurre il consumo di suolo. Sono tre aspetti che si intersecano fra loro, quelli evidenziati da Carmine Trecroci, ordinario di economia dell’Università degli Studi di Brescia dove insegna anche economia dello sviluppo sostenibile. "Per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici, la crescita è positiva e la Lombardia è molto più avanti di altre regioni. Un aspetto confortante – ricorda – tenendo presente però che partiamo da livelli bassi. Inoltre dobbiamo guardare avanti, diversificando il più possibile da altre fonti. Si investe troppo poco, ad esempio, sulla geotermia". Considerando che la temperatura media del suolo è attorno ai 17°C tutto l’anno, avremmo sotto i piedi un serbatoio da utilizzare sia in estate sia in inverno, con tecnologie a basso costo che già esistono. Per quanto riguarda la mobilità, nel post-Covid l’uso dei mezzi privati è cresciuto di almeno il 30%. "Di questo problema nessuno se ne occupa – sottolinea Trecroci – perché le autorità locali sensibili e ben orientate hanno pochi mezzi per contrastarlo; la maggior parte degli amministratori non lo considera neanche un problema". Bene il miglioramento del parco auto in termini di vettore a basse emissioni. "Tuttavia, l’inquinamento atmosferico richiederebbe tassi di rinnovo del parco circolante più rapidi". Collegato alla mobilità c’è la questione del consumo di suolo. "La situazione è preoccupante – ricorda Trecroci – abbiamo la certezza che la legge regionale non ha invertito il ritmo di consumo di superfici agricole e rurali. Finché i Comuni non ripensano l’urbanistica in modo da ridurre il fabbisogno di spostamento da parte delle persone, al crescere del consumo di suolo aumenta anche la domanda di mobilità di persone e merci. Manca la pianificazione: le province non sono in grado di farla, le Regioni hanno abdicato e non fanno più scelte dirimenti, mentre i singoli comuni, anche volendo, si sentono pressati da interessi economici. Fuori dai capoluoghi, le piccole amministrazioni locali sono in balìa del mercato e sembrano ancora più permeabili dei capoluoghi alle necessità di stabilizzare il consumo di suolo".

C’è poi un probelma con i dati: ce ne sono tanti, ma le statistiche faticano a stare al passo con i tempi. A breve L’Università di Brescia pubblicherà un rapporto sull’impronta idrica di alcuni comuni bresciani, sollecitato da un gestore. "L’impronta carbonica, quella idrica sono ad esempio fondamentali per fare una valutazione di impatto ambientale, ma anche qui gli enti pubblici latinano". F.P.