Curno, parrucchiera uccisa: la perizia sul coltello incastra il marito killer

La conferma del Ris, Ezzedine Arjoun verso il processo

Marisa Sartori è stata uccisa la sera del 2 febbraio nel garage della sua abitazione

Marisa Sartori è stata uccisa la sera del 2 febbraio nel garage della sua abitazione

Curno (Bergamo), 21 agosto 2019 - Era l'ultimo tassello che servirà al pm per chiudere l’indagine e chiedere il processo. I Ris nei giorni scorsi hanno inviato al sostituto titolare del fascicolo, Fabrizio Gaverini, i risultati degli accertamenti sul coltello con cui la sera del 2 febbraio è stata uccisa Marisa Sartori, 25 anni, parrucchiera, omicidio avvenuto nel garage di casa a Curno, davanti alla sorella Deborha, ferita a sua volta. In carcere il marito, Ezzedine Arjoun, 35 anni, di origini tunisine. I militari in camice bianco hanno confermato che quel coltello è l’arma del delitto. Sulla lama sono state trovate tracce di sangue della vittima. Ma non di Ezzedine, ma su questo ci sarebbe una spiegazione. Quella sera pioveva.

Dopo aver colpito a morte la moglie, il 35enne aveva gettato il coltello in una siepe (dove poi è stato trovato) prima di consegnarsi ai carabinieri della stazione di Ponte San Pietro, sporco di sangue. Il tunisino ha sempre sostenuto di averlo trovato nel garage, appoggiato su un cassonetto. Gli accertamenti sull’arma, arrivano dopo l’esito della perizia cui è stato sottoposto Ezzedine, perizia che hanno confermato che il tunisino era in grado di intendere e volere. O, almeno, è ciò che ha concluso lo psichiatra Luca Monchieri di Brescia, incaricato dalla Procura. Non ci sono dubbi che sia stato Arjoun. E da allora è in carcere.

Per il sostituto procuratore andava messo un punto fermo sulle sue condizioni psichiche, anche in seguito ad alcuni episodi di autolesionismo avvenuti dopo l’arresto. Un passaggio determinante ai fini del futuro processo. Stando al consulente, al momento dell’omicidio, Arjoun sapeva esattamente ciò che stava facendo e questo lo rende imputabile. E dello stesso parere era giunto anche lo psichiatra Massimo Biza, perito di parte della famiglia Sartori, che è assistita dall’avvocato Marcella Micheletti. Anche per Biza sono da escludere vizi di mente né l’uso che Arjoun faceva di alcol e droga era tale da ridurne la capacità di rapportarsi alla realtà. Aveva bevuto e assunto cocaina anche prima del delitto. Lo aveva riferito lui stesso e lo hanno confermato gli esami clinici cui è stato sottoposto. Forse era poco lucido, ma nulla di più. Il cerchio ora si chiude e il pm si appresta a chiedere il processo.