Casinò di Campione, San Pellegrino tenta lo scippo

I bergamaschi si candidano a ereditare la licenza di Campione

Casinò di San Pellegrino

Casinò di San Pellegrino

San Pellegrino Terme (Bergamo), 13 settembre 2018 - Qualche anno fa gli hanno risposto «ci dispiace, ma i casinò in Italia sono quattro e le licenze sono già assegnate», ma adesso che a Campione d’Italia la casa da gioco è chiusa e la società dichiarata fallita a San Pellegrino Terme sono tornati a sperare. Del resto qui un secolo fa il casinò c’era ed era considerato tra i più belli d’Europa, inaugurato nel luglio del 1907 nella elegante costruzione liberty progettata dall’architetto Romolo Squadrelli. Soprattutto i nobili, gli industriali e tutto quel bel mondo di professionisti e intellettuali che resero unica la Belle Epoque di giorno si curavano con l’acqua e di notte sperperavano autentiche fortune alla roulette. Un affare per la valle.

Ma nel 1947 il casinò, aperto a intermittenza durante la Seconda Guerra Mondiale, chiuse definitivamente e per San Pellegrino Terme iniziò il declino. «La chiusura del Casinò di Campione d’Italia libera un’area importante in ambito nazionale - spiega il sindaco, Vittorio Milesi - Nella regione più produttiva e importante d’Italia non c’è più un’offerta di questo tipo, mentre c’è una clientela, quella che si recava a Campione, di cui si può soddisfare la domanda. Per noi il casinò può completare l’offerta turistica. Stiamo cercando un rilancio che punta sulle terme, sulla valorizzazione del liberty, sul marchio San Pellegrino, su una clientela proveniente da tutti i paesi del modo».

Gli spazi ci sono già, due gioielli liberty come la vecchia sede del Casinò municipale oppure l’ex Grand Hotel. Il sindaco non ha esitato a scomodare il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, al cui dicastero fa capo anche la regolamentazione del gioco d’azzardo. Un pressing tutto leghista che ha coinvolto anche il deputato bergamasco Daniele Belotti, la senatrice Simona Pergreffi e il consigliere regionale Alex Galizzi. Delle mozioni per la riapertura sono state votate nel 2008 e nel 2014 dalla Camera dei Deputati, anche con il parere favorevole del Consiglio Regionale Lombardo, del Consiglio Provinciale di Bergamo e della Comunità Montana Valle Brembana. Ma senza il benestare del Ministero non se ne fece nulla.