Alleate contro i cambiamenti Tremila zone umide da proteggere

Sono quelle censite in tutta la Lombardia: laghi, paludi, torbiere e specchi d’acqua fondamentali per assorbire gli inquinanti e mitigare gli effetti del clima, non godono di buona salute

di Federica Pacella

A parità di superficie assorbono 10 volte l’anidride carbonica che assorbirebbe una foresta. Le zone umide sono, così, alleate preziose nella lotta ai cambiamenti climatici, da cui, però, risultano fortemente minacciate. La siccità, ad esempio, che comporta la riduzione di acqua dei corpi idrici mette a rischio la loro esistenza di queste aree fragili, così come le attività umane (in particolare zootecnica e agricoltura, soprattutto quando sono intensive).

"È stato valutato che dal 1950 c’è stato un decremento del 35% delle zone umide a livello globale – spiega Susanna D’Antoni, responsabile sezione Aree protette, pianificazione del territorio e gestione del paesaggio di Ispra – mentre nel Mediterraneo la percentuale è del 48%. In Italia abbiamo addirittura un 70% di riduzione di acqua dei corpi idrici: sono dati preoccupanti, ma che vengono presi sotto gamba, perché non possiamo vivere senza acqua, per cui è fondamentale preservare la quantità e la qualità". In Lombardia sono 6 le zone umide d’importanza internazionale riconosciute ed inserite nell’elenco della Convenzione di Ramsar, sulle 57 di tutta Italia. Le aree censite da Regione Lombardia sono però oltre 3mila. Si tratta di laghi, paludi, torbiere e specchi d’acqua importantissimi per la biodiversità, per le attività umane e fondamentali per la capacità di mitigare i cambiamenti climatici e di fornire risorse essenziali come l’acqua, grazie alla fitodepurazione compiuta da piante ed alghe. "Sono ambienti sottoposti a numerose tipologie di pressioni, come tutti i corpi idrici, che diventano ricettori di sostanze inquinanti derivanti da attività industriali, zootecniche ed agricole. Queste ultime in particolare – spiega D’Antoni – sono impattanti per l’uso di pesticidi, fertilizzanti, per le lavorazioni del suolo che determinano il dilavamento, ma anche per le captazioni. Questo è particolarmente vero in Lombardia, soprattutto per gli allevamenti intensivi e per le aree agricole della pianura, anche se le misure del piano nazionale per l’uso dei fitofarmaci, opportunamente applicate, permettono di limitare i danni". La convenzione di Ramsar richiede la tutela di queste aree ai firmatari (tra cui l’Italia), tramite la realizzazione di inventari, ma anche indirizzando la produzione verso un minori uso di sostanze chimiche ed acqua. La strategia europea sulla biodiversità, inoltre, chiede di individuare entro il 2030 le zone umide che necessitano di tutela e di includerne nel sistema di aree protette a livello nazionale. "C’è un grande lavoro – conclude D’Antoni – per tutelare le zone umide".