Tre anni senza il ‘Mondo’, il mister pane e salame che fece la storia a Cremona e Bergamo

Il ricordo dei tifosi sui social del tecnico che ha fatto la storia della Dea ma anche del Torino

Emiliano Mondonico

Emiliano Mondonico

Bergamo, 29 marzo - Tre anni senza il Mondo. Eppure l’affetto è rimasto immutato, come il ricordo indelebile.  Tre anni fa Emiliano Mondonico si arrendeva a 71 anni ad un male incurabile che lo aveva aggredito dieci anni prima e che aveva combattuto con il sorriso, senza smettere di allenare ad alto livello. Andava in panchina il giorno prima di entrare in sala operatoria, andava agli allenamenti dopo le terapie, pretendeva da tutti di non essere trattato diversamente solo per il tumore che combatteva. E a tutti infondeva coraggio e speranza. Oltre alla simpatia che lo accompagnava da sempre. Oggi, come ogni triste anniversario dalla sua scomparsa, lo ricordano le sue tante tifoserie: a cominciare dal Torino, che nel 1992 ha portato alla storica finale di Coppa Uefa eliminando il Real Madrid e cedendo con due pareggi il trofeo all’Ajax, con quella partita incredibile ad Amsterdam, con il Mondo a brandire una sedia protestando dopo l’ennesimo fischio sbagliato in una direzione di gara a dir poco discutibile. Ma a piangere e rimpiangere il Mondo sono anche i tifosi della Fiorentina, che riportò in serie A nel 2005, quelli del Novara, con cui conquistò un’incredibile vittoria in casa dell’Inter nella primavera 2012 quando era già combatteva contro il tumore, quelli del Como, quelli dell’AlbinoLeffe, quelli del Cosenza.Anche se le due squadre, insieme al Torino, cui ha legato la sua carriera e i suoi ricordi più belli restano la Cremonese e l’Atalanta. Due storie diverse: a Cremona il giovane Mondonico realizzo l’impresa di salire in A con una provinciale guidata dal talento del giovanissimo Gianluca Vialli. Cremona trampolino di lancio per Bergamo. Dove il tecnico di Rivalta Cremasca arriva quarantenne nel 1987. L’Atalanta appena retrocessa in B si affacciava all’Europa per la prima volta. In Coppa della Coppe, dopo la finale di Coppa Italia persa con il Napoli dello scudetto. Una squadra di serie B in Europa, con un tecnico 40enne a cui i bergamaschi chiedevano solo il ritorno in A: lui regalò un sogno, una cavalcata europea, fino a un’incredibile semifinale persa in casa con gli sconosciuti belgi del Malines che poi vinsero il trofeo contro l’Ajax. Era la Dea del capitano Stromberg, di Prandelli, Cantarutti, Garlini e Progna, quella seguita da un manipolo di eroici bergamaschi nella prima trasferta europea, in Galles, contro una squadra di dilettanti dal nome impronunciabile: Merthyr Tdfil. Oggi le pagine social dei tifosi nerazzurri sono invase da foto di quella giornata a Cardiff, con il baffo nero del Mondo e la chioma bionda di Stromberg. Tre anni di grandi risultati, poi la parentesi a Torino e un secondo ciclo atalantino, dal 1994 al 98, partendo nuovamente dalla B per arrivare ad una finale di Coppa Italia, lanciando due campioni del nostro calcio, Bobo Vieri e Pippo Inzaghi, tra grandi gioie da festeggiare a pane e salame nello spogliatoio e acuti dolori, come la morte in un incidente stradale del giovane talento Federico Pisani. Non c’è un tifoso atalantino over 40 che oggi non lo ricordi, con una foto che lo ritrae sorridente, con il baffo ancora nero. Altri invece lo hanno ricordato con quella sedia brandita al cielo di Amsterdam, perché anche se non allenava la Dea quella sua foga era proprio da bergamasco, da atalantino. E questo lo rende ancora oggi il tecnico più amato dal popolo nerazzurro, il Mondo, per tanti tifosi ‘uno di noi’ .