Referendum anti-frontalieri in Canton Ticino, "prima i nostri"

Iniziativa per la rinegoziazione degli accordi sulla libera circolazione e "contro il dumping salariale". Sebastiani: "E' la solita boutade"

Una manifestazione organizzata dai frontalieri

Una manifestazione organizzata dai frontalieri

Lavena Ponte Tresa (Varese), 10 settembre 2016 - Si accendono i toni sul confine. Motivo scatenante delle nuove polemiche sorte a cavallo della frontiera italo-svizzera è il referendum indetto dall’Udc Ticino - e sostenuto dalla Lega dei Ticinesi - il cui slogan non lascia adito a interpretazioni di sorta: "Prima i nostri".

L’iniziativa costituzionale proposta nel cantone di lingua italiana trae spunto dall’esito della consultazione nazionale del 9 febbraio 2014, quando il popolo elvetico si espresse a favore della rinegoziazione degli accordi sulla libera circolazione delle persone. In Italia questo nuovo referendum è vissuto come un’iniziativa anti-frontalieri, che compongono una parte consistente del corpo professionale operante al di là del confine. Secondo gli ultimi dati trimestrali resi noti dall’Ufficio federale di statistica, sono infatti 62.409 i nostri connazionali che lavorano in Ticino, circa 25mila dei quali residenti nel Varesotto: un flusso che non si arresta nonostante le continue campagne denigratorie e le modifiche al sistema di imposizione inserite nel nuovo accordo bilaterale. In tanti, al di là del confine, non vedono di buon occhio questa folta presenza straniera, soprattutto perché motivo della politica di riduzione degli stipendi attuata da numerosi imprenditori. Il referendum di due anni fa aveva visto il "sì" prevalere di un soffio (50.3%) a livello nazionale, ma piuttosto nettamente nel territorio con capitale Bellinzona (68.2%): così, a due anni e mezzo dalla consultazione popolare (36 i mesi a disposizione del governo federale per applicare le nuove disposizioni), la destra ticinese ha messo in piedi una nuova iniziativa volta ad "assicurare - si legge nel documento di promozione all’iniziativa - che il voto dei nostri concittadini venga rispettato e non rimanga solo un auspicio".

Nello specifico, Udc e Lega puntano su una politica di "protezione dei lavoratori dal dumping salariale", sulla precedenza - a parità di qualifica - nei confronti di chi vive sul territorio elvetico a discapito di chi proviene dall’estero e sul rifiuto a decisioni discriminatorie "di sostituzione della manodopera indigena con quella straniera". "Questa iniziativa non mi stupisce - commenta il presidente dell’Associazione Frontalieri Ticino, Eros Sebastiani -: è stata intrapresa diverse volte, ma secondo me si tratta di una boutade. Del resto, è impossibile coprire tutta la domanda del cantone con lavoratori esclusivamente svizzeri, perciò non penso che il referendum cambierà le cose".