Per rendere sicure tutte le zone a rischio idrogeologico servirebbero 650 milioni di euro. È il conto che Regione Lombardia ha presentato a Roma più di due anni fa. A fine 2015, il Governo ha stanziato solo 112 milioni, già assorbiti dalle opere previste in pianura a difesa del Lambro e del Seveso. Ma a minacciare la Lombardia - che a bilancio mette 10-15 milioni - ci sono soprattutto le montagne: cosa è stato fatto? Quanto è stato speso? Quanto resta da fare? Domande che trovano risposte nel nostro viaggio tra le zone lombarde a rischio dove sono in corso tra i 300 e i 400 interventi. In Valtellina, dove ieri a Bormio una valanga ha fatto temere il peggio, convivono frane storiche e recenti. Dopo aver raccontato gli smottamenti che tra gennaio e febbraio hanno minacciato la Valmasino, la seconda puntata dell’inchiesta sui luoghi a rischio interessa ancora la provincia di Sondrio. Qualche chilometro più a nord, tra le rinomate località di villeggiatura di Bormio e Valfurva.
Valfurva (Sondrio), 13 marzo 2016 - Una foto ogni cinque minuti. Da quasi dieci anni «il fenomeno di dissesto più imponente e potenzialmente pericoloso di tutta la regione» - così la Protezione civile descrive la frana del Ruinon sul sito internet istituzionale - è controllato quasi in tempo reale. Un radar documenta tutti i movimenti. Anche quelli impercettibili all’occhio umano. E li scannerizza. Il sistema adottato è lo stesso utilizzato più di recente all’Isola del Giglio per controllare la nave da crociera Costa Concordia. Non si vedono. Ma è come se su questi 30 milioni di metri cubi fossero puntati costantemente gli occhi dei tecnici Arpa - l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Lombardia - oltre a quelli di residenti e turisti dell’Alta Valtellina. Quando i giorni di pioggia si moltiplicano, torna la paura. È successo durante la pazza estate del 2014, segnata da precipitazioni continue e abbondanti . La frana che dall’alluvione del 1987 si è messa in moto continua a essere attiva. «Un movimento che non si può contrastare», spiegano i tecnici di Regione Lombardia, ma solo controllare. In inverno la montagna si ferma. A congelarla ci pensa il freddo. In caso di piogge e durante il disgelo, invece, le accelerazioni aumentano favorendo la caduta di massi che potrebbero raggiungere velocemente la ex statale. Altro obiettivo sensibile è il torrente Frodolfo. Neppure gli abitati di Sant’Antonio, Uzza, San Nicolò, San Gottardo e Bormio sono del tutto tranquilli. La Regione si dice pronta a trovare soluzioni in caso di evoluzioni significative della frana. Sul tavolo ci sono da tempo due progetti.
Una galleria di bypass idraulico per consentire il deflusso delle acque a valle ed evitare sbarramenti in caso di accumulo di detriti e una strada interrata per scongiurare l’isolamento di Santa Caterina (frazione di Valfurva) e di altri abitati. Il progetto costa 120milioni di euro. E i finanziamenti chiesti a Roma non sono ancora arrivati neppure per la prima parte dell’opera, quella idraulica, da 33 milioni, che eviterebbe disastri idrogeologici.
(2 - Continua)