Ruinon, quarant’anni in movimento: è la frana più pericolosa della regione

Valfurva, minaccia la strada. Piano mai finanziato da 120 milioni di LUCA BALZAROTTI

Una veduta aerea della frana del Ruinon

Una veduta aerea della frana del Ruinon

Per rendere sicure tutte le zone a rischio idrogeologico servirebbero 650 milioni di euro. È il conto che Regione Lombardia ha presentato a Roma più di due anni fa. A fine 2015, il Governo ha stanziato solo 112 milioni, già assorbiti dalle opere previste in pianura a difesa del Lambro e del Seveso. Ma a minacciare la Lombardia - che a bilancio mette 10-15 milioni - ci sono soprattutto le montagne: cosa è stato fatto? Quanto è stato speso? Quanto resta da fare? Domande che trovano risposte nel nostro viaggio tra le zone lombarde a rischio dove sono in corso tra i 300 e i 400 interventi. In Valtellina, dove ieri a Bormio una valanga ha fatto temere il peggio, convivono frane storiche e recenti. Dopo aver raccontato gli smottamenti che tra gennaio e febbraio hanno minacciato la Valmasino, la seconda puntata dell’inchiesta sui luoghi a rischio interessa ancora la provincia di Sondrio. Qualche chilometro più a nord, tra le rinomate località di villeggiatura di Bormio e Valfurva.

Valfurva (Sondrio), 13 marzo 2016 - Una foto ogni cinque minuti. Da quasi dieci anni «il fenomeno di dissesto più imponente e potenzialmente pericoloso di tutta la regione» - così la Protezione civile descrive la frana del Ruinon sul sito internet istituzionale - è controllato quasi in tempo reale. Un radar documenta tutti i movimenti. Anche quelli impercettibili all’occhio umano. E li scannerizza. Il sistema adottato è lo stesso utilizzato più di recente all’Isola del Giglio per controllare la nave da crociera Costa Concordia. Non si vedono. Ma è come se su questi 30 milioni di metri cubi fossero puntati costantemente gli occhi dei tecnici Arpa - l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Lombardia - oltre a quelli di residenti e turisti dell’Alta Valtellina. Quando i giorni di pioggia si moltiplicano, torna la paura. È successo durante la pazza estate del 2014, segnata da precipitazioni continue e abbondanti . La frana che dall’alluvione del 1987 si è messa in moto continua a essere attiva. «Un movimento che non si può contrastare», spiegano i tecnici di Regione Lombardia, ma solo controllare. In inverno la montagna si ferma. A congelarla ci pensa il freddo. In caso di piogge e durante il disgelo, invece, le accelerazioni aumentano favorendo la caduta di massi che potrebbero raggiungere velocemente la ex statale. Altro obiettivo sensibile è il torrente Frodolfo. Neppure gli abitati di Sant’Antonio, Uzza, San Nicolò, San Gottardo e Bormio sono del tutto tranquilli.  La Regione si dice pronta a trovare soluzioni in caso di evoluzioni significative della frana. Sul tavolo ci sono da tempo due progetti.

Una galleria di bypass idraulico per consentire il deflusso delle acque a valle ed evitare sbarramenti in caso di accumulo di detriti e una strada interrata per scongiurare l’isolamento di Santa Caterina (frazione di Valfurva) e di altri abitati. Il progetto costa 120milioni di euro. E i finanziamenti chiesti a Roma non sono ancora arrivati neppure per la prima parte dell’opera, quella idraulica, da 33 milioni, che eviterebbe disastri idrogeologici.

 

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