Sesto, centri disabili ancora in alto mare. Sindacati e opposizione scuotono la Giunta

Gara deserta per la nuova gestione e sui dipendenti tutto fermo al palo

La protesta in via Boccaccio

La protesta in via Boccaccio

Sesto San Giovanni (Milano), 25 luglio 2016 - Il nuovo gestore avrebbe dovuto fare il proprio ingresso in via Boccaccio all’inizio del mese. Il servizio dei centri diurni disabili Mimosa e Magnolia resta invece nelle mani dell’amministrazione dopo i due bandi di gara andati deserti. Decisioni sull’imminente futuro ancora non sono state prese. Sabato si è riunito a porte chiuse solo il Pd, mentre i passaggi in maggioranza sarebbero fermi al palo. Intanto, i sindacati tornano a farsi sentire.

La Cgil chiede «un incontro politico con la presenza di sindaco e assessore ai Servizi sociali, perché ora è la politica che ci deve dare delle risposte chiare , precise e credibili». La sigla chiede anche «che si attivino tutti gli strumenti a tutela dei dipendenti, compresa l’attivazione di un ricollocamento in altri ruoli del Comune prevedendo se necessari percorsi di riqualificazione e formazione». Tuttavia gli educatori dei due cdd non sono mai usciti dalla dotazione organica dell’ente. E ci sarebbero rimasti anche in caso di buona riuscita dei bandi: i lavoratori avrebbero infatti operato in distacco funzionale.

Lo ribadisce l’assessore ai Servizi Sociali Roberta Perego in una lettera che ha inviato ai dipendenti di via Boccaccio. «Siete lavoratori di questo Comune e tali rimarrete: lo garantiva la scelta del distacco funzionale e lo garantirà qualsiasi ulteriore scelta che quasta amministrazione farà. Ci impegniamo, ugualmente, fin da ora anche a garantire la piena e completa continuità del servizio alle famiglie che oggi usufruiscono dei cdd».

E' Marisa Pasina della Uil a mettere sul banco una proposta alternativa: «Chiediamo che l’ente mantenga tutto il servizio in gestione diretta con assunzione di personale a termine triennale, con integrazione di personale privato tramite acquisto di servizio. O almeno di un cdd e del centro socio-educativo in gestione diretta con il proprio personale con cessione in appalto dell’altro cdd ed eventuale reimpiego delle due o tre unità in surplus in altri servizi previa opportuna formazione».

Nel primo caso, tuttavia, aumenterebbe la spesa per il personale di cooperativa. Così è Antonio Lamiranda, capogruppo di FdI, a ipotizzare un’altra via d’uscita: «Una terza via ci sarebbe: fuori il servizio e dentro il Comune i dipendenti. Ma occorre rivedere nuovamente la struttura organica appena rimessa a posto dal dirigente del Personale. Insomma, un gran pasticcio: la principale caratteristica di questa Giunta». Tutta colpa della «privatizzazione mista», dice l’avvocato: «Cedo il servizio completo dei dipendenti che però rimangono pubblici seppure assogettati al coordinamento del privato. Quale operatore investirebbe il proprio capitale in un servizio dove gli educatori rimangono pubblici e quindi vincolati a turni e agevolazioni di tale categoria? È la prova provata del fallimento del sindaco Monica Chittò».