La Merck torna a sperare: quattro gruppi ora vorrebbero acquistare il colosso farmaceutico pavese

Trattative avovlte dal mistero, a metà mese si getteranno le basi per il futuro dello stabilimento. Ma i 184 lavoratori restano preoccupatissimi dopo l'abbandono in corsa della candidatura della Zambon

Da sinistra Giovanni Parisi e Goffredo Freddi, manager della Merck

Da sinistra Giovanni Parisi e Goffredo Freddi, manager della Merck

Pavia, 2 aprile 2015 - Si apre un altro spiraglio nel futuro della Merck Sharp&Dohme. Anzi quattro. Tante sono le offerte arrivate per l’acquisto dello stabilimento farmaceutico di via Emilia. Due provengono da gruppi tedeschi e due da gruppi italiani. Top secret ovviamente i nomi, come è circondata da un alone di mistero tutta l’operazione un po' perché non si può rivelare chi sia interessato all’affare, un po’ anche per scaramanzia. Dopo il ritiro di Zambon, quando ormai sembrava un affare concluso, infatti, tutti dalle istituzioni ai sindacati preferiscono muoversi con estrema cautela. Troppo importante la posta in gioco.

"A breve sarà effettuata la selezione finale per individuare il potenziale compratore", ha scritto su Twitter Gianni Ardemagni della Cisl. Ma poi non sarà finita, si dovrà discutere sulla base di un progetto industriale serio. I prossimi passaggi sono rimandati alla metà del mese, come è stato deciso durante l’incontro che si è tenuto ieri pomeriggio a Pavia. E, in attesa che si trovi un altro soggetto interessato a rilevare lo stabilimento all’avanguardia che il capoluogo pavese ha visto crescere e ha rappresentato un fiore all’occhiello per la produzione industriale del territorio, 184 dipendenti sono in apprensione.

Dopo la doccia fredda arrivata dagli Stati Uniti a luglio del 2013, che parlava di una chiusura al 31 dicembre 2014, avevano tirato un sospiro di sollievo nel momento in cui si era fatta avanti Zambon. Doveva assumere 116 persone tra i lavoratori in forza, far nascere a Pavia importanti farmaci che si trovano in tutte le medicine del mondo e rimettere in moto i macchinari che da mesi stavano lavorando a basso regime. Improvvisamente, però, a un mese e mezzo dalla formalizzazione del passaggio di mano, la multinazionale italiana si è tirata indietro e la Merck con tutti i suoi dipendenti si è trovata di nuovo in pericolo con la spada di Damocle della chiusura sulla testa. L’azienda, le istituzioni e i sindacati si sono di nuovo subito messi al lavoro per trovare un potenziale compratore e sono riusciti a individuarne quattro.

Come già accaduto in passato, è possibile che alcuni emissari dei potenziali compratori chiedano di visitare lo stabilimento. Si tornerebbe così ad assistere a un viavai di colletti bianchi. Una situazione che in fabbrica non viene vissuta bene. Dopo il ritiro a sorpresa di Zambon regna la rassegnazione. L’unica certezza al momento è che i dipendenti avranno il posto ancora per pochi mesi.