Ricatti a luci rosse ai sacerdoti: due fratelli, stesso business

Pavia, il caso di due marocchini. "Agivano separatamente"

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Pavia, 15 novembre 2017 - Due fratelli, due diverse vicende giudiziarie, ma lo stesso business criminale: estorsioni osé ai sacerdoti. Percorsi che hanno portato entrambi ad avere guai con la giustizia. Si è aperto ieri in tribunale a Piacenza il processo per B. E. D., marocchino di 42 anni, residente a Portalbera in provincia di Pavia, accusato di un ricatto a luci rosse ai danni di un sacerdote della Diocesi di Piacenza. Il fratello dell’imputato, A. , 35 anni, a luglio era stato condannato in primo grado a quattro anni di reclusione per lo stesso reato, commesso secondo l’accusa nei confronti di un prete del Pavese, con cui aveva avuto una lunga relazione terminata con un ricatto. Il religioso, per evitare che A. diffondesse un presunto filmino hard che lo riguardava e raccontasse dei loro incontri ai parrocchiani, aveva pagato in tutto 90mila euro. La vicenda era venuta a galla nel 2015 e A. era stato incriminato. Lui si dichiara innocente e ha presentato ricorso in Appello.

Invece i fatti contestati al fratello B. risalgono al 2014. Non è la prima volta: nello stesso anno era stato arrestato, e poi condannato a quattro anni, per un’estorsione a un prete del Lodigiano. Riguardo la vicenda in provincia di Piacenza invece, secondo le accuse, come riporta il capo d’imputazione, B. avrebbe rivolto «continue minacce consistite nel paventare alla persona offesa di divulgare presunti rapporti intimi tra i due e di effettuare una denuncia nei suoi confronti per violenza sessuale», sostenendo che si era appropriato di tremila euro che gli appartenevano e di conseguenza pretendendo  dal sacerdote «cinquecento euro alla volta». L’imputato sostiene che aveva sì chiesto soldi al prete, ma che quel denaro era il suo e lo aveva lasciato a lui sin dal 2002. Non è chiaro se tra i due ci fosse realmente stata una relazione. L’udienza di ieri è stata rinviata a gennaio: «Siamo sereni – ha spiegato il difensore Pierluigi Vittadini -, confidiamo nell’accertamento della verità». Il sacerdote piacentino si è costituito parte civile. Secondo l’accusa, i fratelli, per i rispettivi casi, non avrebbero agito in concorso.