Paolo Ruffini: "In scena coi disabili"

"Un grande abbraccio" a Milano. Arriva in città lo spettacolo dove lavora una compagnia con 5 down e un autistico, diretta da Paolo Ruffini di PIERO DEGLI ANTONI

Paolo Ruffini (Ansa)

Paolo Ruffini (Ansa)

Milano, 2 marzo 2016 - È uno spettacolo di sicuro non banale quello che Paolo Ruffini porta in scena domani al Nazionale di Milano, non fosse altro perché della compagnia fanno parte alcuni attori disabili. Il titolo è “Il grande abbraccio”, vedremo perché.

Ci racconta di che si tratta?

«È uno spettacolo comico con dei momenti di tenerezza. La storia è questa: io voglio realizzare un varietà con tutti i crismi del caso, ballerine comprese. Si apre il sipario ed appare un albero di Natale. “Ma chi è quell’imbecille di scenografo?” chiedo. Allora esce lo scenografo che dice che a lui piace l’albero di Natale e fa gli auguri a tutti. Poi un altro dice che lui è meglio di Paolo Ruffini. Poi un altro ancora... insomma mi demoliscono tutto lo spettacolo».

Nel cast ci sono attori disabili?

«Fanno parte della compagnia Mayor Von Frinzius di Torino, gestita dall’educatore Lamberto Giannini e composta da 5 attori con la sindrome di down e un attore autistico. Ci sono anche 4 ragazze, attrici, ma che fanno anche da accompagnatrici, li aiutano un pochino a gestire le entrate e le uscite».

Come è nata questa collaborazione davvero inusuale, direi straordinaria?

«Io sono amico da anni, a Livorno, di Lamberto Giannini. Quando sono andato a vedere un loro spettacolo ho pensato: “Finalmente un teatro che ha un senso”. Per me è una bella sfida, perché so perfettamente che per me sarà difficile prendere un applauso più grande del loro. È una riflessione su quanto questa epoca sia tanto social e poco sociale, mentre per loro il rapporto fisico è importante. Per loro l’abbraccio è un gesto importante, un gesto di accoglienza, di perdono, è un gesto rivoluzionario».

Avete già messo in scena lo spettacolo o è un debutto assoluto?

«L’abbiamo fatto una volta in Toscana, ed è abbastanza spiazzante perché è interattivo. C’è un momento con una specie di talk show politico dove però si parla d’amore, e loro sono mediatori insieme con delle persone che io ho scelto tra il pubblico. L’obiettivo è quello di stimolare un grande abbraccio nel quale si confondano attori e pubblico. Alla fine gli spettatori dovrebbero salire sul palco, speriamo succeda davvero. La disabilità è qualcosa con cui tutti siamo a contatto quotidianamente, eppure la tv e il cinema ne trattano pochissimo.»

Sorprende scoprire l’altra faccia di Paolo Ruffini, che siamo abituati a vedere in trasmissioni comiche non particolarmente impegnate, oppure nei cinepanettoni...

«Ma questo è uno spettacolo ultrapop, con momenti di grande comicità dove si ride tanto. Non ho voluto fare qualcosa di chic o di intellettuale. Se il pubblico di “Colorado” verrà e vederci, non resterà deluso. Loro, i disabili, vogliono proprio fare i comici. Il disabile non è uno che non si sente abile, ma è uno che incontra qualcun altro che gli dice che non è abile. La gestione del gruppo è come quella di qualsiasi compagnia, non c’è compassione. Se uno sbaglia, viene rimproverato anche duramente. Ed è quello che vogliono loro.»

di PIERO DEGLI ANTONI