
Un tunnel lungo il percorso della Pedemontana
Monza, 6 marzo 2016 - I primi 7 operai al lavoro nei cantieri di Pedemontana sono rimasti a casa a fine febbraio: il loro contratto è scaduto e non verrà rinnovato. Ma complessivamente, fra dipendenti di Strabag e lavoratori dell’indotto (tra questi un’impresa veneta che si occupa della movimentazione terra in subappalto), sono 96 i posti a rischio.
Lo ha detto chiaro il segretario generale della Cgil di Monza e Brianza Maurizio Laini, incontrando nei giorni scorsi Enrico Brambilla, capogruppo del Pd in Consiglio regionale. I rappresentanti sindacali hanno ottenuto un’audizione alla commissione Lavoro del Consiglio regionale, che incontreranno il 31 marzo.
Intanto c’è preoccupazione. "Sono a rischio 96 lavoratori impegnati nel cantiere: sono in ballo i destini di un centinaio di famiglie - sottolinea Laini -. Siamo davanti alla prospettiva di una sospensione provvisoria o definitiva dei lavori e il rischio coinvolge l’intero organico. Mentre la politica discute sul tracciato, la riduzione dell’opera, i finanziamenti, le questioni ambientali e le compensazioni per i territori, non viene presa in discussione la questione dei lavoratori. Che tipo di soluzione per loro e che tipo di ammortizzatori in relazione a quali opere?".
Alla commissione IV il segretario della Cgil andrà a dire che "serve una soluzione anche solo dal punto di vista degli ammortizzatori e della prosecuzione dei lavori di compensazione promessi ai Comuni. Lavori che da soli (solo in Brianza si tratta di opere di compensazione per 60 milioni di euro, ndr) potrebbero occupare buona parte di queste persone".
Intanto i primi contratti sono scaduti, mentre i prossimi licenziamenti, spiega Fabrizio Cavalli della Fillea Cgil, che sta seguendo il caso nei cantieri, "partiranno dalla prossima settimana". Fuori dalla procedura restano solo 4 operai e 3 impiegati della Nuova Briantea che si occupano delle opere di sminatura e bonifica. Mentre il cantiere della tratta B2 (da Lentate sul Seveso a Cesano Maderno) resta fermo in attesa di finanziamenti, qualche operaio sta lavorando alle ultime opere connesse alla tratta B1, fra Lomazzo e Lentate, inaugurata a novembre.
Ma la smobilitazione è già stata annunciata. Ora la palla torna alla politica. "Finora ci siamo sempre occupati del caso dal versante territorio, ambiente, trasporti, e meno dal punto di vista delle ricadute sotto il profilo lavorativo - dice Enrico Brambilla -. Noi non siamo per il fermo cantieri, non si fa più niente. Questo è un progetto che deve essere oggetto di un ripensamento ma le opere devono proseguire, altrimenti ci sarebbero conseguenze pesanti sotto il profilo della tenuta dei territori".
Intanto un raggruppamento di banche costituito da Banca IMI, Bpm, Unicredit, Ubi Banca, Mps Capital Services e Intesa San Paolo ha sottoscritto ed erogato un prestito ponte da 200 milioni di euro ad Autostrada Pedemontana Lombarda SpA.
Una boccata d’ossigeno? Nient’affatto, sostiene Dario Balotta, responsabile Trasporti di Legambiente Lombardia. "Quei 200 milioni non sono altro che un rifinanziamento - dice -. Significa che il vecchio prestito da 200 milioni e scaduto da ormai un anno viene rimborsato alle banche dalla banche stesse: 200 milioni che stavano diventando inesigibili, ma tutto è risolto grazie al solito gioco di prestigio. Il fatto che nessuna banca straniera si sia presentata alla gara di Pedemontana e che due delle banche, UBI e Intesa, che hanno erogato il prestito siano anche socie di Pedemontana Spa dovrebbe dirla lunga sulla sostenibilità dell’opera. E, infatti, il traffico è pari al 20% di quello previsto. Pedemontana non restituirà mai i soldi e infatti le stesse Ubi e Intesa da 3 anni non partecipano agli aumenti di capitale della società. Mancano quasi 600 milioni del capitale sociale oltre ai 2 miliardi di mancati finanziamenti bancari che servono a completare l’opera".