Quei tre operai uccisi da un treno nel 1924

La tragedia dimenticata di Villsanta che lasciò orfani ben 21 bambini

Enrico Biffi, l'operaio padre di nove figli ucciso dal treno

Enrico Biffi, l'operaio padre di nove figli ucciso dal treno

Villasanta (Monza e Brianza), 23 gennaio 2017  - «TRE operai schiacciati da un treno al passaggio a livello presso Monza». Così titola il Corriere della Sera dando notizia di una sciagura in cui, il 3 novembre 1924, rimasero uccisi tre operai di Villasanta.

Alle 13.25, al passaggio a livello di Villa San Fiorano (Villasanta all’epoca non era ancora Comune autonomo ma soltanto una frazione di Monza), cinque operai della tessitura Enrico Tronconi che si recavano al lavoro, giunti nei pressi del passaggio a livello,

si traggono in disparte per lasciare libero il transito a un camion della ditta Rodolfo Piazza.

Una cosa quasi abituale, dato che tutti i giorni gli operai percorrono la stessa strada che taglia in trasversale le linee ferroviarie Monza- Lecco e Monza-Molteno, che in

quel tratto corrono in parallelo. diretto a Milano sopraggiunge però un treno che, non avvedendosi degli operai che a ruota si stavano accingendo ad attraversare i binari, ne investe in pieno tre, «stritolandoli orrendamente».

Le vittime sono Enrico Biffi, 45 anni, Angelo Crippa, 48, e Stefano Farina, 31: abitano tutti e tre a La Santa, nucleo centrale della futura Villasanta, e risultano «ammogliati con abbondante prole», come ricordano le cronache dell’epoca. Addirittura, si parla

complessivamente di 21 figli. Nove – abbiamo ricostruito – sono soltanto quelli di Enrico Biffi.

Un quarto operaio, Cesare Bidoglio, 35 anni, riceve invece un violento colpo alla spalla destra da un fanale della locomotiva e viene sbattuto verso la cancellata: riporta contusioni ma tutto sommato se la cava con un grosso spavento.

La direzione generale della linea ferroviaria Monza-Molteno apre un’inchiesta, ma esclude alla fine qualsiasi responsabilità o errore da parte del proprio personale. Il passaggio a livello non era custodito e, dato anche il fatto che il tracciato

poco prima di quel punto descrive una curva che impedisce la visuale, non si può imputare l’incidente a una distrazione del macchinista. Queste le conclusioni.