La villa confiscata al boss diventa scuola di legalità

Campi antimafia per giovani alle porte di Milano di Stefania Consenti

Casa Chiaravalle

Casa Chiaravalle

Milano, 14 maggio 2015 - Il cancello è di quelli invalicabili, ma anonimo. Non c’è più traccia dei vecchi proprietari. Appena lo si supera lo sguardo è attratto dalle due enormi ville color giallo ocra e poi, sulla sinistra, da una terza (la quarta è sul retro e si vedrà appena girato l’angolo), oggi occupata dal custode. Benvenuti in quella che era la residenza di lusso di un presunto boss, Pasquale Molluso, 1.800 metri quadrati di abitazione più un terreno agricolo sterminato, otto ettari di cui 6,5 coltivati a grano e il resto lasciato a frutteto e bosco. Tutto a sei chilometri dal centro di Milano, nel Parco Sud, a pochi metri dal cimitero e dall’abbazia di Chiaravalle. Lì, dove il capofamiglia, oggi 75enne, originario di Oppido Mamertina, conduceva un alto tenore di vita che il reddito dichiarato non poteva di certo avvalorare, con la moglie e i tre figli, e da dove gestiva i suoi loschi traffici che hanno dato origine al provvedimento di sequestro (nel 2010) di 46 beni immobili tra Milano, Pavia e Lodi, partiranno questa estate i campi antimafia.

Dal 2 al 12 luglio 25 ragazzi italiani (e altrettanti dal 27 agosto al 5 settembre) si daranno da fare per restituire a nuova vita questa proprietà immobiliare dal valore di 2,3 milioni di euro, il più grande dei beni confiscati a Milano e dall’anno scorso assegnato ad un pool di associazioni tra le quali l’Arci. Fra le finte colonne neoclassiche, gli innumerevoli bagni, le camere degli ospiti, la cucina grande come quella di un ristorante, il salone con il marmo di pregio e il camino, nascerà una comunità alloggio per ex carcercati ma anche housing sociale per nuclei familiari in difficoltà. «Un progetto complesso e ambizioso – spiega Tiziano Ubbiali dell’Arci – perché ci sono anche problemi tecnici che il Comune di Milano sta cercando di risolvere. Lo sa che siamo circondati da realizzazioni abusive? Eppure non c’è traccia di pratiche edilizie....ma c’è di più, anche il terreno è stato coltivato per anni abusivamente. Nemmeno a Corleone succede più, quando un bene viene confiscato viene svuotato. Mentre qui tutta una serie di pratiche non sono state fatte prima. Fino all’anno scorso, a quattro anni dalla confisca, nessuno sapeva chi fosse questo contadino che per metà dell’anno vive all’estero. Pare avesse un accordo con il proprietario della villa».

Ora il Comune ha assegnato in comodato d’uso, per vent’anni questa proprietà e, dice Ubbiali, «serviranno 2 milioni di euro per fare i lavori anche perchè negli anni ci sono stati furti e danneggiamenti». Ad esempio, il tetto è tutto da rifare (80mila euro) e la parte elettrica pure perché è stato portato via tutto. I ragazzi avranno un bel lavoro da fare, coordinati da architetti e geometri, tutti i volontari che le associazioni (Consorzio Sis è capofila del progetto insieme ad Arci, Chico Mendes, La Strada) riusciranno a coinvolgere. «Non vogliamo cambiare niente della casa – spiega Ubbiali – desideriamo aprirla alla città perché questo è il segnale migliore che possiamo dare nella lotta alla mafia». Vincenzo Moriello, responsabile Legalità della Cgil Lombardia, aggiunge: «La vera sconfitta della mafia non sta solo nella confisca ma inizia quando in un posto così nasce una storia nuova».

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