Auto sequestrata dai vigili alla manager-driver di Uber: "Che danno, ma lo rifarei"

Bloccata nella notte: non mi pento, questo è il futuro di Nicola Palma

OTTO  GIORNI FA L’intervista pubblicata sul Giorno all’ex manager Anna diventata per necessità driver di Uber Pop

OTTO GIORNI FA L’intervista pubblicata sul Giorno all’ex manager Anna diventata per necessità driver di Uber Pop

Milano, 21 marzo 2015 - «Non ho paura: se ci sarà un controllo, lo affronterò con serenità perché non faccio niente di male». Questo ci aveva detto una settimana fa Anna, ex manager di una multinazionale diventata per necessità driver dell’applicazione Uber Pop. Il controllo è arrivato. L’altra sera. E i vigili delle Frecce non hanno fatto sconti. Violazione dell’articolo 86 del Codice della Strada, con quel che ne consegue a norma di legge: sanzione amministrativa da un minimo di 1.761 a un massimo di 7.045 euro (deciderà la Prefettura), sospensione della patente da 4 a 12 mesi e sequestro (ai fini della confisca) del veicolo. «Un disastro», il commento laconico della donna. Intercettata con la sua Toyota Prius dalle parti di via Lunigiana attorno alle 22.40 di giovedì, qualche minuto dopo aver caricato due passeggeri in viale Marche: «Sono stata fermata dagli agenti in borghese – racconta –. Mi hanno fatto scendere e poi...».

E poi  le hanno ripetuto quello che hanno già spiegato ad altri 25 autisti improvvisati solo dall’inizio del 2015: non si possono trasportare persone in giro con la propria vettura senza avere una licenza, trattasi di taxi abusivo. E fa poca differenza se Anna – così come i vertici italiani della start-up californiana – pensa l’esatto contrario: «Con questo servizio – argomenta – si condivide solo un pezzo della giornata: per me è un’evoluzione delle chat su internet, con contatto umano però». Interpretazioni a parte, una cosa è certa: «Mi hanno dato un foglio per tornare a casa con la macchina: da oggi (ieri, ndr) non la posso più usare, anche perché non ho più il documento di guida e il libretto di circolazione».

Un bel problema per una donna al momento disoccupata: «Se prima avevo poche speranze di trovare un lavoro, adesso sono prossime allo zero». Senza contare l’impossibilità di accompagnare l’anziana mamma. Certo, direte voi, Anna sapeva benissimo cosa rischiava: «Ne ero ben consapevole – ammette senza esitazioni – ma ho preferito andare avanti». Perché? «Innanzitutto perché mi aiutava a sbarcare il lunario in assenza di altro – ribatte l’ex manager –. E poi perché resto ancora convinta che Uber svolga un’attività di cui c’è bisogno, al di là di quello che urlano i tassisti». Adesso la palla passa al giudice di pace, cui certamente Anna farà ricorso. E la società americana, come sempre, la sosterrà legalmente.

nicola.palma@ilgiorno.net

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