L’insegnante dei migranti: "Una scuola all'ex Cie"

Si parte dall'ascolto. Prima le lettere. Poi le parole. Semplici, le solite: pane, mare, barca. Perché una lingua si impara allenando l’orecchio a riconoscere il suono dei singoli vocaboli. Almeno questo è il metodo da insegnante autodidatta di Angela Marchisio, che qualche mese fa ha messo in piedi da zero un’innovativa scuola per migranti all’ex Cie di via Corelli di NICOLA PALMA

Angela Marchisio (Newpress)

Angela Marchisio (Newpress)

Milano, 20 marzo 2016 - Si parte dall'ascolto. Prima le lettere. Poi le parole. Semplici, le solite: pane, mare, barca. Perché una lingua si impara allenando l’orecchio a riconoscere il suono dei singoli vocaboli. Almeno questo è il metodo da insegnante autodidatta di Angela Marchisio, che qualche mese fa ha messo in piedi da zero un’innovativa scuola per migranti all’ex Cie di via Corelli. Gli ospiti della struttura – riconvertita in centro per richiedenti asilo al culmine dell’emergenza arrivi – sono stati divisi in tre classi (anche se tutti possono partecipare a qualsiasi lezione): analfabeti, semi-alfabetizzati e alfabetizzati con qualche rudimento di italiano e inglese. Ci sono ragazzi, in particolare quelli che arrivano dall’Africa che affaccia sull’Atlantico (Ghana e Costa d’Avorio) o da Oriente (Afghanistan e Pakistan), che lavagna e banchi non li hanno mai visti; al massimo, sognavano di stare in classe mentre erano chinati nei campi a lavorare. Ora Angela e la sua squadra di prof stanno regalando loro l’opportunità di liberarsi dall’ignoranza: «In questo momento devono prendere decisioni fondamentali e devono avere la mente lucida». In cattedra ci sono docenti improvvisati (tranne due che lo fanno di mestiere) ma appassionati: impiegati e fotografi, operatori sociali e studenti universitari.

Passano ore e ore in aula (campanella la mattina alle 10 e si chiude in serata) solo per il piacere di dare qualcosa a chi non ha più nulla o quasi. E poi c’è Angela, che a 50 anni ha cambiato vita: da gestore di discoteche e locali (l’ultimo è il Maison Milano a metà col fratello) a volontaria a tempo pieno. Tutto è cominciato al mezzanino della Centrale, dove fino al giugno del 2015 venivano assistiti i migranti prima di essere smistati nei centri comunali: «Quando a settembre i flussi sono diminuiti – racconta – mi sono chiesta cosa potessi fare ancora per queste persone». E da lì è nata l’idea dei corsi di italiano. Settimana dopo settimana, anche grazie alla disponibilità del direttore di via Corelli Nicola Skoff, il progetto ha preso forma. «È una gioia incredibile – sorride Angela – specie quando inizi a vedere i primi risultati». E così può capitare che un tuo alunno ti mandi un messaggio su Facebook per augurarti la buonanotte: «Un uomo della Guinea-Bissau mi ha detto che quando tornerà in patria racconterà di me ai suoi figli: cosa ci può essere di più bello e gratificante in questo mondo?». Forse qualcosa c’è: mettere in rete l’esperienza pilota, esportandola anche fuori dai confini milanesi. «Vorrei dar vita a un’associazione che, puntando anche su sponsor privati, allarghi il più possibile questo progetto». L’obiettivo: fornire a coloro che vogliono restare nel nostro Paese tutti gli strumenti necessari per costruirsi un’esistenza appagante. Saper leggere e scrivere è evidentemente una condizione imprescindibile per mandare un curriculum, sostenere un colloquio o trovare casa. Per vivere. «Da qualche tempo non mi divertivo più nella mia professione – chiosa Angela – ma adesso ho ritrovato la felicità di alzarmi la mattina per andare in via Corelli». Con gli allievi, quelli alle prime armi, che l’aspettano col quaderno e la matita in mano.

nicola.palma@ilgiorno.net

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