'Ndrangheta in Lombardia, gli amici borghesi di Galati: "L’Agenzia delle Entrate? È a disposizione per voi"

«Abbiamo usato uno sgabello di ferro... le costole... gli ho spaccato il naso... avevo le scarpe piene di sangue». E poi la fuga per nascondere la macchina sporca anch’essa di sangue nel box dell’«amico poliziotto», a Lentate sul Seveso di Agnese Pini

Gli arrestati al bar mentre i carabinieri li riprendono

Gli arrestati al bar mentre i carabinieri li riprendono

Un funzionario a casa del boss. Non deve stupire. Perché nella grande famiglia c’è spazio per tutti: i capibastone, i bracci operativi, i picciotti. E poi gli amici. Il «capitale sociale», lo chiama Ilda Boccassini, ma anche la «borghesia mafiosa». Sono professionisti, politici, imprenditori, esponenti delle forze dell’ordine. Tutta gente che «si mette a disposizione». Talvolta in cambio di nulla. Come il dipendente dell’Agenzia delle Entrate di Cantù che addirittura si prende il disturbo di andare fino a casa di Galati per fargli sapere che su di lui può contare. Che fa ancora di più: lo avverte se viene a sapere che potrebbero esserci controlli fiscali nei negozi dei suoi parenti. Lo racconta lo stesso Galati: «Sai, c’è quel parente mio lì a Mariano che ha preso il panificio... » spiega il boss a un suo sodale. Al funzionario solerte di Cantù basta una telefonata d’avvertimento: «Vedi che vendono il pane e non fanno gli scontrini». Come a dire: metti i tuoi parenti sull’avviso. Tutte intercettazioni finite nelle carte dell’inchiesta condotta dai carabinieri dei Ros.

Operazione "Quadrifoglio"

Ma non c'è solo l’impiegato premuroso. Nel novero di chi, stando alle carte della Procura, non disdegna di fare piccoli favori al boss compare anche un assitente capo di polizia penitenziaria. Che per Galati mette a disposizione il suo box quando sa che deve fare una spedizione punitiva contro un benzianaio di Cantù reo di «una mancanza di rispetto» nei confronti della figlia: non le aveva permesso di pagare col bancomat. L’affronto viene punito col sangue — era il 2007 — ed è ancora una volta il capo a farsene vanto. In tre contro un settantenne: «Abbiamo usato uno sgabello di ferro... le costole... gli ho spaccato il naso... avevo le scarpe piene di sangue».

E poi la fuga per nascondere la macchina sporca anch’essa di sangue nel box dell’«amico poliziotto», a Lentate sul Seveso: «Ci ha lasciato il cancello aperto». E ancora: della borghesia mafiosa fanno parte perfino un commercialista, un consulente finanziario, un ex consigliere comunale, un amministratore di condominio, un imprenditore. «Per loro non si configurano reati», spiega ancora la Boccassini. È solo gente «a disposizione». Al boss basta chiedere, a loro non resta che rispondere. I favori «agli amici» non li negano mai.

agnese.pini@ilgiorno.net  

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro