Delitto Manesco, il gip conferma i due arresti: i killer restano in carcere

A inchidarli ci sono immagini, testimonianze, scontrini, tracce biologiche. Un quadro di indizi così robusto da lasciare pochi dubbi agli investigatori sulle responsabilità del delitto «crudele e sadico» del professore Adriano Manesco, 77 anni: ucciso, fatto a pezzi, gettato nella spazzatura di Agnese Pini

Gianluca Civardi (sopra) e Paolo Grassi (sotto)

Gianluca Civardi (sopra) e Paolo Grassi (sotto)

Milano, 22 agosto 2014 - A inchidarli ci sono immagini, testimonianze, scontrini, tracce biologiche. Un quadro di indizi così robusto da lasciare pochi dubbi agli investigatori sulle responsabilità del delitto «crudele e sadico» — come è stato definito dagli stessi inquirenti — del professore Adriano Manesco, 77 anni: ucciso, fatto a pezzi, gettato nella spazzatura. Restano quindi in carcere i due presunti killer, Paolo Grassi e Gianluca Civardi. Amici e poi complici di un raggiro e infine di un omicidio «premeditato e studiato nei minimi dettagli».  

Lo scopo: appropriarsi dei soldi del professore, ricostruirsi con quelli una nuova vita in Thailandia. Dopo la convalida del fermo da parte del gip di Piacenza Elena Stoppini, il collega milanese Claudio Castelli (nel frattempo l’intero fascicolo è passato per competenza al capoluogo lombardo, ndr) ha confermato la custodia cautelare in carcere a Piacenza per i trentenni che avrebbero assassinato l’ex docente di filosofia, il pomeriggio dell’8 agosto, nel suo appartamento di via Settembrini. Le accuse: omicidio premeditato pluriaggravato, rapina aggravata e occultamento di cadavere. Accuse rese ancora più pesanti dalla brutalità con cui i due avrebbero agito. Sicuri e spietati «come professionisti». Grassi (difeso dall’avvocato Alessandro Stampais) e Civardi (Francesca Cotani e Andrea Bazzani i suoi legali) non si sono infatti comportati da assassini improvvisati. 

Nel loro piano, annotato con cura su un’agenda, avevano considerato tutto il necessario per portare a termine un delitto quasi perfetto. A cominciare dalla scelta della vittima, Manesco: anziano professore senza parenti e con pochi amici, e la passione per i lunghi viaggi in estremo Oriente. Attirato in una trappola ben architettata, sullo sfondo di un’amicizia borderline. E poi la preparazione dell’omicidio: come testimonia uno scontrino poi ritrovato dagli investigatori, Grassi e Civardi avevano acquistato la sega usata poi per fare a pezzi il corpo dell’uomo in un negozio di Piacenza. In via Settembrini, avevano portato anche un taser, un coltello, forbici da giardinaggio e stivali verdi di gomma. Insomma, tutto l’armamentario per portare a termine un macabro rituale: uccidere, fare a pezzi, nascondere quei poveri resti in due valigie e otto sacchetti. Prima di buttare tutto in un cassonetto.

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