Laboratorio Milano

Salvini è stato il meno diplomatico , ma anche tutti gli altri colonnelli del centrodestra non sono riusciti a mascherare la loro forte irritazione per la discesa in campo del mancato sindaco di Milano

Milano, 24 luglio 2016 - Salvini è stato il meno diplomatico («Parisi? È un perdente. Uno che non è riuscito a battere Sala, non ha chances di sconfiggere Renzi»), ma anche tutti gli altri colonnelli del centrodestra non sono riusciti a mascherare la loro forte irritazione per la discesa in campo del mancato sindaco di Milano. Alle comunali Parisi, partito da zero, sfiorò l’impresa e se questa non gli riuscì fu perché la Lega lo lasciò solo sul più bello, alla vigilia del ballottaggio. Il risultato fu comunque eccellente e già allora si cominciò a parlare di un «laboratorio Milano». Schieramento compatto, guida autorevole, programma liberale e popolare: perché non riproporre lo stesso schema, si disse, a livello nazionale? Perché non provare a dare una scossa a un centrodestra rassegnato al declino, relegato da tutti i sondaggi a terza forza del Paese? Parisi ha rotto gli indugi e ha lanciato la sfida. 

Ma prima di presentarsi come un’alternativa a Renzi e a Grillo, il manager romano dovrà faticare non poco per convincere i suoi. E dovrà farlo in fretta, per arrivare all’annunciata convention di settembre a Milano già con i galloni da leader. Berlusconi dice di voler riorganizzare Forza Italia, ma non c’è dubbio che l’obiettivo di Parisi sia molto più ambizioso. Il fuoco amico però non è da sottovalutare. Salvini ha già dimostrato di non gradire ruoli da comprimario, la Meloni dice che le leadership non si annunciano ma si affermano, i colonnelli di Forza Italia non ci stanno a farsi mettere i piedi in testa dall’ultimo arrivato. Uno di loro, Toti, che evidentemente pensa di essere «primus inter pares», si vede già in diretta competizione con Parisi, come lo furono Coppi e Bartali. Parisi può contare sul sostegno della famiglia Berlusconi e su quello dei fedeli amici e consiglieri del Cavaliere, da Confalonieri a Letta, stanchi delle liti da pollaio fra i pretendenti alla successione, ma basterà? In caso di stallo, potrà chiedere che la leadership venga scelta attraverso le primarie?

A molti sondaggisti sembra che il profilo di Parisi sia quello più adeguato per riproporre quella rivoluzione liberale che in vent’anni Berlusconi non è riuscito a fare, per ridare un tetto ai moderati e centristi in libera uscita. Piace perché parla chiaro, perché non ha bisogno di urlare per farsi ascoltare, perché ha personalità e carisma. Ha certamente qualcosa in più rispetto a tutti gli altri notabili del partito che scalpitano alle spalle del vecchio capo. Non è scontato che ce la faccia, ma se dovesse fallire è difficile immaginare che si riesca a trovare un altro alla sua altezza, in grado come lui di tenere insieme le varie anime della coalizione. Lo ha fatto capire ieri anche Roberto Maroni che a differenza di Salvini ha dimostrato di apprezzare l’iniziativa di Parisi. Sarà targato Milano il nuovo centrodestra? giuliano.molossi@ilgiorno.net

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