Gioco d’azzardo, a Milano una guerra lunga un anno

I veti, i regolamenti e i ricorsi: la battaglia della Giunta Pisapia di Anna Giorgi

Un giocatore davanti alle slot machine

Un giocatore davanti alle slot machine

Milano, 23 ottobre 2014 - La data spartiacque è quella del 15 ottobre 2013. Poco più di un anno fa il Consiglio regionale della Lombardia approvava, infatti, la legge contro il proliferare delle sale di gioco e scommesse con l’obiettivo di arginare, oltre alle sale, il fenomento delle ludopatie. È allora che il gioco d’azzardo, fino a quel momento confinato ai più irraggiungibili, onirici ed elitari casinò, è invece diventato un problema diffuso, un allarme sociale, una questione della politica.

Non senza contraddizioni: lo Stato dà le autorizzazioni agli imprenditori dell’azzardo, le Regioni e, soprattutto, i Comuni le tolgono, come fossero enti a se stanti. Però sono i numeri a confermare che il tema esiste. Eccome. Dalle sale vere e proprie, passando per ricevitorie, tabacchi e bar, in Lombardia si contano 1.495 locali in cui è possibile giocare con le slot machine e altre videolotterie: nella regione traino del Paese c’è una macchinetta mangiasoldi ogni 160 abitanti. E Milano fa da traino anche per questa spesso infelice tendenza: solo il capoluogo ospita il 36,4% delle attività d’azzardo presenti in tutta la Lombardia, per l’esattezza sono 544.

Le persone affette da ludopatia oggi in cura nei «Servizi per le tossicodipendenze» dell’Asl cittadina aumentano del 40% ogni dodici mesi. Le stima relative all’ultimo triennio parlano di circa 2.500 persone bisognose di cure. Eppure sono dati sottostimati rispetto alla reale dimensione del fenomeno. Non è finita: a Milano la dipendenza da gioco è nel 75% dei casi specificatamente riferita all’utilizzo delle macchinette. La legge regionale ha quindi vietato di aprire nuove sale giochi, o installare slot machine in locali con altra ragione sociale, a una distanza inferiore a 500 metri da luoghi sensibili come scuole, chiese, impianti sportivi, ospedali e case di riposo, centri giovanili e oratori. La stessa legge ha poi lasciato ai sindaci la possibilità di estendere la rosa dei luoghi nei dintorni dei quali non possono essere aperte le sale dell’azzardo.

E la Giunta Pisapia non ha perso tempo. Il limite dei 500 metri di distanza è stato recepito nel regolamento edilizio varato dal vicesindaco Lucia De Cesaris e il novero dei luoghi sensibili ulteriormente dettagliato: il 99% della città è off limits per l’azzardo. Palazzo Marino ha quindi emanato ordinanze a raffica per impedire le aperture delle sale che non rispettavano i parametri. Tra pronunciamenti alterni del Tar, la conta delle sale chiuse è ferma a 11. Solo una settimana fa, il Comune ha poi diramato un’ordinanza che limita gli orari di apertura di tutti i locali dell’azzardo inaugurati prima dell’entrata in vigore della legge regionale: apertura consentita solo dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23, stop alle aperture 24 ore su 24. Norme che hanno acceso il dibatitto: crociata o legittima tutela della salute pubblica?

 

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