In classe all’estero: vince il business

Un'esperienza di studio all’estero è sempre utile. I più intraprendenti cominciano alle superiori

Studenti in una foto d'archivio

Studenti in una foto d'archivio

Milano, 21 ottobre 2017 - Un'esperienza di studio all’estero è sempre utile. I più intraprendenti cominciano alle superiori. La legge lo permette e lo incoraggia, ma il fenomeno è esploso solo di recente: «Dieci anni fa ne partivano due o tre all’anno, ed erano le eccellenze – dice Patrizia Rega, responsabile della mobilità studentesca al liceo Virgilio –, ora sono una quindicina e non partono più solo le eccellenze, quindi capita che una volta tornati facciano fatica a recuperare, qualcuno ha anche cambiato scuola». L’ampliamento dell’utenza ha anche provocato un aumentare delle agenzie che offrono agli studenti di trovare scuole e famiglie ospitanti e occuparsi delle pratiche burocratiche. I prezzi vanno dai 4.000 euro per trascorrere tre mesi in Francia fino a 68.000 euro per un anno in una scuola privata di New York.

«L’agenzia non ha un rapporto costruttivo con gli istituti – accusa Rega –, spesso ho chiesto di avere il contatto diretto con le scuole dove finiscono i ragazzi, ma ho trovato porte chiuse». Il contatto tra scuole italiane e straniere relegherebbe infatti il ruolo dell’agenzia alla sola burocrazia e alla ricerca di una famiglia ospitante. «Ma per guadagnare credibilità con le famiglie, in passato hanno affermato di collaborare con il nostro liceo o con me, cose entrambe false», continua Rega.

Oggi la politica della maggior parte delle scuole superiori milanesi è quella di non avere legami privilegiati con nessuno specifico operatore privato. Questi chiedono di presentare i loro programmi a genitori e alunni negli spazi delle scuole, ma nella maggior parte dei casi gli viene negato, oppure la scuola decide un unico giorno in cui tutte le agenzie concorrenti possono presentarsi agli studenti. Il compito di cercare operatori affidabili viene così lasciato alle famiglie: «La scuola non c’entra, ma una politica di totale disinteresse può essere pericolosa – avverte Rega –. Io cerco di dare alle famiglie almeno delle linee guida per orientarsi. Per esempio è importante avere il contatto con le famiglie di arrivo in anticipo, per evitare brutte sorprese. Fondamentale chiedere il curriculum della scuola ospitante: è successo che ragazzi finissero a fare corsi di cucito in Australia.

Ed è importante che l’agenzia sia affidabile, perché se la famiglia di arrivo non è buona deve aiutare i ragazzi a trovarne un’altra. Conosco casi di ragazzi lasciati a se stessi, che hanno trovato nuove famiglie attraverso i contatti personali che si erano creati a scuola». Anche la docente responsabile del liceo Manzoni conosce ragazzi finiti a studiare cucito e altri che hanno cambiato diverse famiglie ospitanti: «La soluzione sarebbe che andassi io personalmente a cercare contatti individuali con le scuole e le famiglie ospitanti, in modo da costruire una lista per gli studenti del liceo, ma è un lavoro impegnativo che dovrei fare a mie spese».

La situazione non migliora con gli studenti stranieri ospitati dalle scuole italiane: «L’anno scorso – ricorda Rega – tre ragazzi sono tornati in anticipo nel loro paese per problemi di disorganizzazione delle agenzie che li hanno accolti in Italia. Immagino che lo stesso possa accadere all’estero per i nostri ragazzi se si affidano alle stesse agenzie». Al liceo Carducci le cose vanno meglio perché la maggior parte degli studenti si affida a una Onlus che li segue maggiormente e fornisce borse di studio in base alla fascia di reddito. Il dirigente scolastico Andrea Di Mario è soddisfatto anche della qualità dell’insegnamento: «L’approccio all’estero è diverso, per esempio nei laboratori di scienze ogni ragazzo deve portare a termine il proprio esperimento, una cosa qui impensabile». Anche al liceo Brera – una quindicina di studenti in uscita all’anno – la professoressa Elisa Iacazio confida nella capacità di scelta delle famiglie: «Quattro o cinque agenzie a livello nazionale, le storiche e più consolidate, sono affidabili. Le famiglie più accorte scelgono queste».

L’alternativa per i ragazzi, in mancanza di contatti diretti tra le scuole pubbliche italiane e straniere, è quella di fare tutto autonomamente, trovandosi scuola e famiglia ospitanti. Al liceo Beccaria, spiega la professoressa Elena D’Incerti, qualcuno ha cominciato a farlo, anche scegliendo mete anglofone europee, come Norvegia o Paesi Bassi. Possono comunque sorgere dei problemi con le famiglie ospitanti, ma si risparmiano decine di migliaia di euro.

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