Corso Como 10, scatta lo sfratto: tegola sul tempio di Carla Sozzani

Milano, trattativa con la famiglia Rusconi per evitare la chiusura

Corso Como 10 (Newpress)

Corso Como 10 (Newpress)

Milano, 20 gennaio 2018 - Un pezzo importante della recente storia di Milano, capitale italiana della moda e del design, che rischia di sparire. Per il celebre negozio milanese “10 Corso Como”, fondato dalla gallerista Carla Sozzani, sorella della direttrice di Vogue Italia, Franca Sozzani, scomparsa il 22 dicembre 2016, è arrivato lo sfratto esecutivo, che dovrebbe essere notificato dall’ufficiale giudiziario il 23 gennaio, martedì prossimo.

Sono in corso, però, trattative con i nuovi proprietari dell’immobile per «trovare una soluzione» ed evitare la chiusura degli spazi gestiti dalla società Dieci Srl. Una corsa contro il tempo per il multibrand - con sedi anche a Seoul, Shanghai, Pechino e New York - e per i dipendenti, preoccupati per il loro futuro. Il ‘concept store’ fu inaugurato nel 1991, quando Carla Sozzani, di ritorno da un anno sabbatico in giro per il mondo, decise di lanciare un ambizioso progetto: un loft che integrasse cultura e commercio, seguendo un modello di successo negli Usa. Oltre a vendere capi d’abbigliamento, libri, oggetti di design ed esclusivi pezzi d’arredamento, il negozio al numero civico 10 di Corso Como ospita un ristorante e spazi per mostre ed eventi cult per il mondo della moda, nel cuore di una delle zone dello shopping e della movida milanese, ai piedi dei grattacieli di piazza Gae Aulenti. Un’attività che, negli ultimi anni, è stata colpita dalla crisi e da difficoltà finanziarie, con un sensibile calo del fatturato. Crisi che nel 2015 si è concretizzata in un’istanza di fallimento presentata da Equitalia, che aveva contestato il mancato pagamento di tasse per 4,67 milioni (oltre 4 milioni per debiti scaduti e il resto per contributi o sanzioni legate ai mancati pagamenti). All’epoca era stato trovato un accordo chiudendo «in maniera bonaria» il contenzioso, con una boccata d’ossigeno per il tempio del design che aveva così evitato il crac. Ma i guai non sono finiti.

La famiglia Rusconi, proprietaria dell’immobile dal valore di circa 30 milioni di euro, ha ottenuto lo sfratto del negozio e ha messo in vendita lo stabile. La nuova proprietà ha deciso di far valere i propri diritti e l’ingiunzione di sfratto è stata firmata dal Tribunale di Milano. La società, però, non perde le speranze: in corso trattative che sarebbero «a buon punto» per trovare un accordo ed evitare la chiusura del negozio con l’eventuale trasferimento in un’altra location, prolungando la permanenza per i prossimi anni. Una corsa per evitare l’addio a un punto di riferimento per fashion, design ed eventi mondani. Un’icona di Milano dal futuro incerto.

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