Il Memoriale della Shoah apre le porte ai profughi che fuggono dalle guerre

Docce e un pasto caldo per 40 migranti nei sotterranei della Centrale

Profughi ospitati al Memoriale della Shoah (LaPresse)

Profughi ospitati al Memoriale della Shoah (LaPresse)

Milano, 18 luglio 2017 - Porte riaperte all’accoglienza per il terzo anno consecutivo al Memoriale della Shoah, in un luglio segnato dall’emergenza sbarchi. Quaranta migranti da domenica sera hanno trovato pasti caldi, docce, il conforto di un sorriso durante questa fuga verso la libertà, in un luogo, nei sotterranei della Centrale, che è stato teatro della deportazione verso i campi di sterminio nazisti di tanti ebrei e prigionieri politici italiani. Oggi sono siriani, afghani, eritrei, e almeno 15 minori non accompagnati, accolti dai volontari della Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con Fondazione Memoriale della Shoah. Iniziativa che si inserisce nel piano di accoglienza del Comune. Ed è scattata subito la gara di solidarietà. Un attimo dopo l’annuncio dell’apertura del Memoriale, almeno cento i milanesi che si sono offerti come volontari per servire colazioni e cene ai profughi.

«Se l'ostilità e la xenofobia sono contagiose, la solidarietà lo è altrettanto - sottolinea Stefano Pasta , responsabile per la Comunità di Sant’Egidio dell’accoglienza profughi al Memoriale - Questa iniziativa si regge unicamente sull’impegno gratuito e sulle donazioni di privati cittadini. Rilevante è anche il carattere interreligioso ed ecumenico dell’accoglienza: insieme alla Comunità e ad alcune parrocchie, qui si alterneranno volontari ebrei, musulmani, anglicani, induisti, non credenti». Ieri la Fondazione Arca ha servito parte della cena, tutto quello che manca lo portano i volontari della parrocchia di Santa Francesca Romana e le altre che sono collegate in un passaparola. «C’è una docente del liceo Caravaggio che è al suo terzo anno come volontaria - prosegue Pasta - e ha coinvolto i suoi allievi e perfino qualche collega». D’altronde c’è una parola che campeggia a caratteri cubitali all’ingresso del Memoriale ed è «Indifferenza», quella che qui, racconta Pasta, si cerca di combattere in tutti i modi, «con un’idea di accoglienza dei profughi che viene condivisa da Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah. Nel 1943 la sua famiglia aveva pagato un trafficante per passare la frontiera con la Svizzera, ma fu respinta da un poliziotto elvetico, fu arrestata con il papà, finì prima a San Vittore e poi deportata ad Auschwitz». Infine, i dati: 3.707 da giugno a novembre 2015 i profughi ospitati per poche notti, in transito al Memoriale. Scesi 1.474 nello stesso periodo del 2016 per via della difficoltà di puntare alle rotte verso il Nord Europa. «La decisione di ripetere per il terzo anno l’esperienza dell’accoglienza all’interno di questi spazi conferma il grado di sensibilità e coinvolgimento della Fondazione Memoriale della Shoah, della Comunità Ebraica di Milano e della Comunità di Sant’Egidio verso quest’emergenza che interessa l’Europa, l’Italia e noi tutti» è il commento di Roberto Jarach, vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano.

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