L’antico pianoforte "fantasma": suona da solo, è comparso dal nulla

La storia del raro Fischer: da New York agli scantinati di una scuola

Trezzano sul Naviglio, tornato il pianoforte Fisher (Spf)

Trezzano sul Naviglio, tornato il pianoforte Fisher (Spf)

Milano, 13 gennaio 2018 - Imbarcato a bordo di un transatlantico e finito alle porte di Milano. Dal punto di partenza a quello di arrivo c’è quasi un secolo di mistero. La storia del pianoforte ritrovato negli scantinati della scuola media Gobetti di Trezzano sul Naviglio non è ancora stata scritta e forse nessuno riuscirà mai a dare una spiegazione all’enigma che la avvolge. Nel 2015 la direttrice artistica della scuola di musica, Sandra Conte, trova il piano, impolverato, utilizzato come un mobile, con sopra una foto di Giuseppe Verdi. «Abbiamo fatto ricerche, consultando gli archivi del Comune e della scuola: neanche un indizio». Un pianoforte fantasma, spiega l’assessore alla Cultura di Trezzano Valerio Grassi, che si è messo a cercare sponsor per riportare in vita lo strumento.

Si sono fatte avanti due aziende storiche trezzanesi: la Goppion Spa (quella che fa le teche del Louvre), e la Vetropack Italia (che realizza i barattoli della Nutella), oltre al Circolo Q.TR1, Famiglia degli Anziani e La Marchesina. A prendersi cura del piano misterioso, ci ha pensato un’altra ditta storica, a Como, la Picone, gestita prima da Giuseppe e ora dai tre figli Roberto, Francesco e Letizia. Quarant’anni di esperienza: di pianoforti se ne intendono. «C’era una targhetta con la marca, Fischer, e il luogo, New York. Un modello degli anni Venti, è rara soprattutto la provenienza: in Europa il leader al tempo era la Germania. Sui pianoforti che aggiustiamo, ce ne sarà uno su mille americano», spiega Roberto che ha rimesso a nuovo lo strumento, revisionando la meccanica, tenendo le corde originali e sostituendo la copertura rovinata. Poi, ha lucidato il legno, abete rosso, e la copertura dei tasti in ivorite, un materiale sintetico molto simile, al tatto, all’avorio. Oltre un mese di lavoro per restituire al Comune un gioiello unico. In più, lo strumento aveva un impianto singolare, a rulli.

«Pianoforti costosi che suonavano da soli, con il movimento “fantasma” dei tasti – racconta Roberto –. A ogni rullo corrispondeva una melodia, come i jukebox. Ora, lo stesso sistema, arriva a costare 10mila euro, tutto computerizzato». Chissà dov’era il piano misterioso: a casa di qualche signora borghese per sontuosi ricevimenti, magari in un fumoso locale del Proibizionismo, o nel patrimonio di eredità di un trisnonno. Tornerà a suonare sabato 20, al Punto Expo dove rimarrà, come storia da raccontare.

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