Milano, due fratelli in affari fra locali e super-drink

Jacopo e Leonardo: uno ha studiato al Politecnico e l’altro in Cattolica Dopo aver aperto la catena "Pacifico" lanciano la bevanda sana "Holy"

Jacopo e Leonardo Signani (Newpress)

Jacopo e Leonardo Signani (Newpress)

Milano, 13 luglio 2017 - Questa è la storia di due giovani imprenditori di successo, i fratelli Jacopo e Leonardo Signani, 35 e 32 anni, nati a Spezia ma milanesi di adozione. A Milano hanno studiato (uno al Politecnico, l’altro alla Cattolica), sempre qui hanno mosso i primi passi della loro attività nel «food and beverage» che oggi si declina sostanzialmente in due parole: Pacifico, dal nome dei due ristoranti a Milano e a Roma, e Holy, "the wellness drink", la bibita salutista che hanno inventato e commercializzato. Ma andiamo per ordine. La passione per la gastronomia nasce da una parola, “ceviche”, che da bambini sentono pronunciare molto spesso dalla tata peruviana. Il ceviche, pesce crudo e marinato nel limone, accompagnato da spezie e cipolla, è il piatto tradizionale del Perù. Un ceviche indimenticabile i due fratelli Signani lo gustano tre anni fa in un ristorante di Buenos Aires. Perché a Milano non può esserci un posto così - si domandano - un ristorante con un ambiente piacevole e divertente, con una buona musica, ma soprattutto che sappia offrire una raffinata cucina peruviana? La location è importante (a Milano in via della Moscova, angolo San Marco, e a Roma a due passi da piazza del Popolo) ma molto più importante è la scelta dello chef. E i due determinatissimi ragazzi Signani , grazie all’aiuto prezioso della fidanzata peruviana del loro socio Guillaume Desforges, riescono a ingaggiare uno dei migliori, Jaime Pesaque.

In breve il sogno diventa realtà. Oggi i due ristoranti Pacifico hanno 50 dipendenti e si avviano a fatturare quasi 3 milioni e mezzo di euro. Presto potrebbe nascere un terzo Pacifico a Ibiza o a Los Angeles. Scommessa vinta, dunque. Ma c’è un’altra sfida, per certi versi ancora più suggestiva, che attende i due fratelli. Ed è quella di lanciare «Holy» nel mondo, di farne un «must» per tutti coloro che fanno attività sportiva, o che comunque sono attenti al proprio benessere e che ogni giorno fanno incetta di integratori di ogni genere.

"Holy" tre calorie, niente zuccheri, niente grassi, ma tante vitamine, sali minerali, tarassaco, finocchio, the verde, mate, selenio e ginseng. Inutile dire che va già a ruba fra le modelle, che non può mancare nelle palestre, che per i trenta-quarantenni non è più una novità. Ma non basta. Per fare il grande salto, per immaginare di dar filo da torcere persino a giganti del mercato come la CocaCola Zero, ci vuole ben altro. L’intuizione non basta. Servono le persone giuste (problema affrontato e risolto con l’assunzione dell’ex direttore commerciale della Red Bull) e serve una montagna di soldi. Ebbene, si dice che un grande fondo di investimento sia interessato a entrare nel capitale per finanziare la crescita di «Holy», e portare da Milano nel mondo la bibita che protegge, purifica e rigenera, per dirla con lo slogan impresso sulla lattina. A gennaio è previsto il lancio nazionale con una forte campagna di comunicazione, poi sarà lo sbarco in Europa, in primis a Parigi e Londra, e sui mercati arabi che hanno già mostrato un forte interesse.

Ma com'è nata quest’avventura? Cinque anni fa, i due fratelli Signani, ai quali non fa certo difetto l’intraprendenza e la curiosità, leggono sul New York Times un articolo che racconta il lancio di una bibita che limitava fortemente i postumi della sbronza. È lì che si accende la lampadina, che nasce l’idea. Il giorno dopo, non un anno dopo, i due ragazzi trattano con l’azienda per ottenere l’importazione in Europa. Però riformulano il prodotto con chimici e nutrizionisti per rendere più facile l’acquisizione di vitamine e minerali (è certo più piacevole dissetarsi con una bevanda fresca che mandar giù una compressa…). E non è più il caso di far riferimento ad «hangover», ai postumi di sbronze dopo una notte da leoni. Anche perché nel mondo i potenziali consumatori di «Holy» sono molti di più di quelli, pur numerosi, abituati ad alzare troppo il gomito.

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