Ema, il senno di poi della Raggi: "Roma avrebbe avuto più chance"

Lorenzin: "Smemorata, da lei neanche una telefonata per candidarla"

Virginia Raggi (Ansa)

Virginia Raggi (Ansa)

Milano, 24 novembre 2017 - «Noi eravamo a favore della candidatura di Roma per l’Ema. Evidentemente il ministro ha preferito candidare Milano con gli esiti che purtroppo sono a tutti noti. Se avesse candidato Roma avremmo avuto più chanche». Dopo lo schiaffo dell’Agenzia europea del farmaco, perduta contro Amsterdam per sorteggio (e forse per tradimento di qualche grosso partner europeo), Virginia Raggi, la sindaca che, fresca d’elezione, rifiutò di candidare la capitale alle Olimpiadi del 2024, si cimenta nell’arte antica del senno di poi.

Così si è espressa ieri a margine d’un tavolo sul rilancio dell’Urbe organizzato al Ministero dello Sviluppo economico dopo settimane di schermaglie col ministro Carlo Calenda, condite di dichiarate difficoltà a raggiungere l’inquilina del Campidoglio e d’un dossier sul declino di Roma, tra aziende in fuga e Pil crollato del 5,5% dal 2008 (mentre quello di Milano aumentava dell’1%). Un po’ le stesse difficoltà che nell’estate del 2016, subito dopo la vittoria della Brexit al referendum, lamentava il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, lanciatissimo a proporre Roma per l’Authority dei medicinali: dopo aver cercato senza successo la sindaca per proporle «un’azione congiunta» arrivò a recapitarle una lettera al Comune. Un quotidiano romano riportò che la reazione «ufficiosa» del Campidoglio era stata: «Ema non è una priorità per i romani». Forse un equivoco, che la povera Raggi fu costretta a chiarire con una nota: la lettera, spiegava il suo staff, era arrivata mentre la sindaca era «impegnata nella gestione di questioni prioritarie in città come l’emergenza rifiuti, il caso di via Cupa, il salario accessorio, gli asili in concessione e le educatrici precarie». Quanto all’Ema «non si tratta di aprire battaglie geo-politiche tra due città, ma basta il buon senso di pensare che a Roma è presente l’Aifa, nonché l’Istituto superiore di sanità» «per comprendere i vantaggi» di «un trasferimento dell’Ema nella capitale. Soprattutto, il principio che più ci interessa, nel riflesso positivo che avrebbe sulla sanità pubblica». Insomma un sì, giunto purtroppo tardi: il ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva ormai brinato le speranze dell’alleato Zingaretti, puntando su Milano.

E' passato più di un anno ma quella storia delle «priorità» Lorenzin se la ricorda: «Smemorata è chi la smemorata fa - ironizza -. D’altra parte, telefonate dalla Raggi per sostenere Roma 0, da Milano 100. Ricordo che la candidatura andava presentata dalla città interessata, e l’iter (da Roma, ndr) non è stato mai istruito». Resta da capire, dato che il dossier di Milano è stato giudicato tra i migliori, che nelle prime due tornate è stata la più votata e a condannarla è stata in finale la sorte, se Raggi non sia stata di nuovo fraintesa, e con «chance» intendesse proprio, in francese, «fortuna». Giulia Bonezzi

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