Viaggio nel dormitorio di via Graf, dove convivono storie di uomini e cani

La struttura, aperta il 21 febbraio nel cuore di Quarto Oggiaro, è tra le prime in Italia a ospitare anche gli amici a quattro zampe

Volontari al dormitorio di via Graf

Volontari al dormitorio di via Graf

Milano, 27 marzo 2017 – Ogni volta che il treno si ferma la periferia di Quarto Oggiaro, ultimo avamposto di Milano prima della cintura di casermoni che dà il benvenuto a un hinterland sterminato, si trasforma in un miscuglio di lingue, odori, vite in cammino. Intorno alle sette un gruppo di senzatetto si incammina lentamente verso una ex chiesa pentecostale di via Graf, il petto profondo del quartiere. Da poco più di un mese è quella la loro casa in attesa di tempi migliori. Esattamente dal 21 febbraio, quando la cooperativa Angel Service ha vinto un bando del Comune di Milano trasformando quell'area in un dormitorio, e con una particolarità rispetto ad altri edifici adibiti all'uopo: la struttura infatti è tra le prime in Italia a ospitare anche i cani, vittime silenziose dell’emergenza freddo al pari dei loro padroni.

Al momento il centro accoglie una trentina di persone (la capienza massima è di 50) tra senzatetto e migranti provenienti da altri centri per richiedenti asilo, e lavora in stretta collaborazione con il Casc (Centro Aiuto del Comune di Milano), che provvede a smistarli nelle varie strutture sparpagliate a macchia di leopardo in tutta la città. Le quali, stando al Piano per i senza dimora allestito dal Comune di Milano, in vigore fino al 31 marzo, sono poco meno di una ventina per un totale di 2780 posti letto disponibili.

Cani ospiti al dormitorio di via GRaf
Cani ospiti al dormitorio di via GRaf

Rosy ha visto il dormitorio nascere dal nulla. E se oggi l’edificio è un rifugio accogliente, ciò lo si deve anche al lavoro di alcuni migranti provenienti da altri centri di accoglienza. “Quando abbiamo vinto il bando ci siamo ritrovati di fronte a un mucchio di ruderi - dice - e loro ci hanno aiutato moltissimo”. Tutte le sere è lei a controllare che ogni cosa vada per il verso giusto, effettuando una verifica puntuale dei nomi e delle procedure. Al suo fianco lavorano giorno e notte una decina di volontari di diversi Paesi, che provvedono ai bisogni dei senzatetto e mantengono la struttura pulita. Alcuni di loro trascinano con sé storie difficili e speranze soffocate. Come Ouma K., 33enne ivoriano dal fisico statuario, arrivato in Italia dalla Libia al termine di un’odissea e ribattezzato 'il filosofo' perché non perde mai la calma. Era un senza dimora, oggi è in attesa del permesso di soggiorno e ha deciso di studiare la nostra lingua, tanto che aiuta gli altri facendo da interprete. O Vladimir B., che in estate lascerà l’Italia dopo più di vent'anni per tornare nella sua Ucraina. “Ho passato una vita a fare il muratore e altri lavoretti - ricorda -. Non mi sono mai mosso da Milano e si può dire che la conosco come le mie tasche. Ma qui non si può più vivere. Troppe tasse”. È lui a presentarmi Mohammad Fahim Haidari, 40 anni, un reporter afgano che vive in Italia dal 2015 con lo status di rifugiato politico. “Sono scappato perché non ero più in grado di lavorare nel mio Paese a causa del terrorismo e dei talebani - sospira -. Per oltre un anno ho cercato lavoro, ma inutilmente. E ora mi ritrovo qui, ma a breve non avrò più un posto dove dormire”.

Verso le otto di sera il centro comincia a ripopolarsi e i cani entrano alla spicciolata, ravvivando l’umore degli abitanti del centro. Quello di Christian Bassi, 40 enne toscano dalla battuta facile, è un dobermann imponente di nome Tony che vive con lui da quando è morto suo padre, sei anni e mezzo fa. A vederlo incute timore, ma poi scopri che è un gran giocherellone. Un po’ come lui, che a dispetto della sua condizione cerca sempre di conservare il sorriso. Fino al 2011 Christian lavorava come autotrasportatore in una ditta di Calenzano, nel Fiorentino, ma nel 2011 l’azienda è sparita nel nulla e lui si è ritrovato improvvisamente sul ciglio di una strada.

“Sono arrivato due anni fa a Milano cercando lavoro su Internet - spiega - e da allora ho fatto decine di colloqui. L’ultimo tre settimane fa, in una ditta di trasporti di Monza”. Per un momento abbassa lo sguardo, ma ritrova subito vigore: “Sto cercando di riciclarmi come artista di strada, ma è dura – dice -. Questo Paese va male soprattutto perché se la prende con chi come me è costretto a vivere di accattonaggio, ma poi si basa solo su logiche che guardano ai soldi”. Sulla sua branda conserva i pezzi di un marchingegno che sta assemblando per stupire i passanti e racimolare qualche soldo. Lo chiama “il martello magico” e spera che gli regali sprazzi accettabili di futuro. Perché è disposto a perdere qualsiasi cosa, tranne la ragione.

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