Raid anti-romanisti fuori da San Siro, arriva il Daspo per 14 ultrà dell’Inter

I provvedimenti della Questura. Tra i tifosi pure militanti di CasaPound

Gli scontri

Gli scontri

Milano, 27 maggio 2017 - Sono 14 ultrà della curva Nord, nessuno però del direttivo dell’ala più calda del tifo interista. E alcuni di loro sono legati al movimento di estrema destra CasaPound. Secondo gli approfondimenti investigativi della polizia, presero parte al raid andato in scena fuori dallo stadio Meazza prima di Inter-Roma; un raid che non andò in porto solo grazie al tempestivo intervento delle forze dell’ordine in servizio quella sera nei pressi di San Siro, che riuscirono a proteggere gli aggrediti evitando contatti. Ieri è arrivata la stangata: il Daspo, cioè il divieto di partecipare a manifestazioni sportive su tutto il territorio nazionale, emesso dal questore Marcello Cardona sulla base delle indagini compiute dagli agenti della Digos.

Ecco come andò. Pomeriggio di domenica del 26 febbraio scorso, mancano poche ore all’inizio della partita di campionato tra la Beneamata e i giallorossi. In un bar di via Tesio, qualche centinaio di metri dal Meazza, si sono radunate, come spesso capita in occasione dei match di Serie A, diverse decine di fan della squadra ospite: non è gente da curva, sono i tifosi che vanno in trasferta con i viaggi organizzati dai Roma club; ci sono anche famiglie con bambini saliti a Milano dalla Capitale per vivere una serata di sport alla Scala di calcio. «Un bersaglio facile», lo definiranno qualche giorno dopo gli inquirenti. Sono lì dalle 16: alcuni indossano sciarpe e impugnano striscioni giallorossi ancora arrotolati, com’è normale che sia per una partita. Alle 18.30, però, succede qualcosa: diversi gruppetti di interisti, alcuni in partenza dalla zona del Baretto della Nord in piazzale Angelo Moratti, si dirigono decisi verso i giardini di via Tesio; non è una spedizione organizzata nei giorni precedenti, la convinzione di chi ha indagato sul caso, ma certamente qualcuno è passato nei minuti precedenti a dare un’occhiata per farsi un’idea della situazione. A protezione della zona, ci sono tre squadre in assetto antisommossa tra polizia e carabinieri. Gli agenti della Digos si accorgono immediatamente dei movimenti sospetti e allertano i colleghi in presidio da quelle parti: sarà quella segnalazione-lampo a evitare il peggio. Sì, perché, appena ricevuto l’allarme, gli uomini lì in servizio si compattano, cercando contemporaneamente di tranquillizzare gli avventori del locale. Gli ultrà interisti si piombano sull’obiettivo armati di cinghie, bastoni e spranghe e lanciano cinque bombe carta; una di queste esplode a due passi dal commissario capo che coordina il gruppo, che per fortuna se l’è cavata con un paio di punti di sutura alla gamba colpita da una scheggia e 8 giorni di prognosi.

A quel punto, militari e agenti replicano lanciando lacrimogeni (il vento di quella sera ne amplificherà gli effetti fino agli ingressi dello stadio) per tenere a distanza i balordi. E in effetti gli autori dell’assalto, molti dei quali a volto coperto, scappano nei giardinetti. Tutto dura pochi minuti. Prima dell’arrivo al parcheggio dei pullman con gli ultrà della Roma, non coinvolti nella bagarre e fatti entrare rapidamente all’interno dell’impianto sportivo per evitare altri guai. Nei giorni scorsi, è arrivata la chiusura del cerchio: grazie all’analisi dei filmati delle telecamere di sorveglianza, gli uomini della Digos sono riusciti a individuare 14 componenti del gruppo. Che ora dovranno stare alla larga dal Meazza per un pezzo, con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per la firma nei giorni delle partite.

 

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