Fiamme in cella, sevizie, alcol e l’arresto della ex direttrice: l’incubo del Beccaria

Il carcere minorile di Milano dopo la tentata rivolta dei detenuti

Il carcere minorile Beccaria

Il carcere minorile Beccaria

Milano, 18 gennaio 2017 - Beccaria nell’occhio del ciclone. Ancora tensioni nel carcere che doveva essere un modello per il recupero dei minorenni, ma che sempre più spesso è alla ribalta per le tensioni. Rivolte in più puntate, tentativi di evasione in sequenza. Disperazione e disagio psichico di alcuni minori, la fatica a contenere violenze e fughe da parte degli agenti di custodia del carcere ridotti al minimo. Talmente in pochi che quando i detenuti, come nell’ultimo caso successo nel fine settimana, aggrediscono un altro detenuto il rischio per l’incolumità fisica delle guardie diventa concreto.

Struttura fatiscente ormai, il Beccaria, la difficoltà a contenere queste situazioni limite è un dato di fatto: il trasferimento resta l’unica via di uscita per una struttura, per oltre un terzo chiusa per lavori e che si avvale di troppo pochi agenti (a fronte di una sessantina di ragazzi detenuti). C’è un simbolo della rivolta tra le mura del Beccaria, Pulce, il “Piccolo Vallanzasca”. Riccardo D.C. appena compiuti i 15 anni e superata la soglia della non punibilità, era passato da casa sua a Quarto Oggiaro al carcere di via Calchi Taeggi, con 24 capi d’accusa sulle spalle. Lì si era fatto subito conoscere, aveva acceso gli animi della rivolta incendiaria, aveva preso a bastonate un agente durante i colloqui, perché se ne voleva tornare a Quarto Oggiaro, e il Beccaria se ne era liberato spedendolo a Catania. Come lui, un po’ la storia simbolo del Beccaria, anche altre storie estreme. Come quelle di un maghrebino che l’istituto milanese aveva inviato a Catanzaro dopo un tentativo di evasione: anche lui incendiò la cella, fomentò una rivolta, dopo essersi ferito in più parti del corpo. Una storia lunga e difficile. Incendi, rivolte, detenuti ubriachi durante festicciole organizzate nel carcere, e, si racconta quello di un giovane trovato legato al letto dopo aver subito sevizie da parte dei compagni.

E il 22 ottobre 2015 l’arresto della direttrice del carcere, Alfonsa Miccichè, con altre quattro persone tra cui la figlia e il fidanzato. Tutti accusati di concussione e corruzione in concorso: la direttrice avrebbe favorito associazioni a lei gradite a cui affidare le attività a cui partecipavano i ragazzi detenuti nella comunità penale. «Una commistione di interessi imprenditoriali, economici e personali», annotò il magistrato.

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