Brega Massone, processo da rifare: tornano in aula le 4 morti sospette

La Cassazione esclude il dolo. I legali: "Era ingiustizia abnorme"

Pier Paolo Brega Massone

Pier Paolo Brega Massone

Milano, 23 giugno 2017 - Intervenne anche Umberto Veronesi sulla vicenda della clinica Santa Rita e sulla condanna di Pier Paolo Brega Massone, ex primario di chirurgia toracica della struttura subito ribattezzata «clinica degli orrori»: «Questa storia – aveva detto ai tempi l’onocologo – è un monito severo alla classe medica a operare correttamente, secondo i bisogni dei pazienti e non secondo ciò che offre sistema di retribuzione delle strutture sanitarie». La Corte d’Appello di Milano il 21 dicembre del 2015 aveva condannato il medico all’ergastolo per la morte di quattro pazienti finiti sul suo tavolo operatorio. Erano Giuseppina Vailati, 82 anni, Maria Luisa Scocchetti, 65 anni, Gustavo Dalto, 89 anni, e Antonio Schiavo, 85 anni. Tutti anziani portati, secondo l’accusa, in sala operatoria senza alcuna giustificazione clinica per interventi «inutili», realizzati solo per «monetizzare» i rimborsi del Sistema sanitario nazionale.

Sentenza che la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio, «limitatamente al dolo omicidiario» da parte del medico. Spetterà ai giudici d’appello-bis riqualificare il reato di omicidio volontario e rideterminare la condanna. Nel nuovo calcolo della pena, i giudici milanesi non dovranno nemmeno tenere contro del caso di un paziente che, nonostante sia stato danneggiato dall’intervento chirurgico, si è salvato: per gli Ermellini la vicenda è già prescritta. Quella di Brega Massone, arrestato nel 2008 e tuttora in carcere a Opera, dove sta scontando una condanna definitiva a15 anni e 6 mesi per un’ottantina di casi di lesioni a pazienti finiti sotto i ferri nella struttura a pochi passi da piazzale Loreto, che dopo lo scandalo ha perfino cambiato, è una storia che va molto al di là della semplice malpractice.

Il chirurgo, da quanto era emerso dalle indagini, non si fermava neanche davanti a «malati terminali», che sottoponeva a inutili sofferenze e «mutilazioni». Accuse che Brega Massone aveva sempre respinto con freddezza e determinazione. Il chirurgo ha sempre difeso la validità delle sue scelte dal punto di vista medico. «Non ero un serial killer – ha spiegato in aula prima della condanna all’ergastolo – la mia priorità è sempre stata quella di dare ai pazienti la sicurezza». Per i suoi difensori, gli avvocati Luigi Fornari e Titta Madia, anche se il chirurgo poteva «aver commesso degli errori», questi al massimo appartenevano «all’ambito della colpa e dell’imprudenza e non a quello del dolo». Tesi che la Suprema Corte pare aver accolto. La moglie di Brega Massone, ha raccontato il legale Madia, dopo aver saputo che per il marito si apriva un nuovo spiraglio non ha saputo trattenere le lacrime.

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