"L’esame poteva evitare il dramma". Marco, due anni, nato cerebroleso

La famiglia: l’infezione alla placenta era già emersa dalle analisi

L'ospedale San Raffaele

L'ospedale San Raffaele

Milano, 24 luglio 2017 - Destino crudele o superficialità dei sanitari? Sarà il giudice a dire l’ultima parola. Il piccolo Marco (nome di fantasia) ha compiuto due anni ma non può giocare e correre come tutti i bambini. È nato con un gravissimo danno cerebrale che gli impedisce di muoversi e parlare, colpa di un’infezione della placenta quando era ancora nella pancia della mamma. Ma i medici dell’ospedale San Raffaele, dove la donna era sotto controllo durante la gravidanza, fecero tutto il possibile per evitare l’accaduto? C’è l’esito di alcune analisi di sangue e urine al centro di questo dramma anche giudiziario. Per i legali dei genitori di Marco, «a fronte di referti di analisi che evidenziavano una esterasi leucocitaria fuori norma» - in pratica un forte indizio di infezione alle vie urinarie emerso venti giorni prima del parto - «un tempestivo intervento (...) avrebbe potuto evitare al bambino il danno cerebrale riportato, se del caso con un parto pre-termine».

Quel valore sospetto, denunciano gli avvocati Roberta Busà e Rosario Alberghina, andava approfondito, non ignorato come fecero al San Raffaele. Tanto più che la donna veniva controllata dai sanitari ben due volte la settimana per una certa carenza nella quantità di liquido amniotico. Avesse fatto scattare un allarme, quell’esito anomalo nell’esame delle urine, il bimbo avrebbe potuto evitare i gravissimi danni cerebrali, eventualmente anche venendo al mondo in anticipo con un parto cesareo. Una tesi che il consulente tecnico della Procura non ha però condiviso. Ma era uno specialista in ortopedia, hanno protestato i genitori di Marco opponendosi alla richiesta di archiviazione del caso avanzata dalla stessa Procura. E il gip ha dato loro ragione, ordinando altri accertamenti stavolta affidati ad un ginecologo. Le nuove conclusioni non sono state sufficienti, però, a far cambiare idea al magistrato che si occupa del caso e che ha presentato una seconda richiesta di archiviazione dell’indagine per lesioni colpose aperta, finora, nei confronti di ignoti. E questo perché «gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari - sostiene il pm - non appaiono idonei a sostenere l’accusa in giudizio». Stando al consulente tecnico, dalle analisi risultava negativo un altro esame sul batterio «considerato la causa più frequente e più pericolosa per l’infezione amniotica». Quanto all’esito anomalo, invece, «in questi casi l’esame deve essere ripetuto spiegando le corrette procedure per una raccolta del campione (...) prima di effettuare qualsiasi terapia antibiotica». Ecco. Ma allora - osservano gli avvocati Busà e Alberghina nella nuova opposizione all’archiviazione - perché quell’esame non venne ripetuto correttamente? Vista la gravità del danno cerebrale subito da Marco, la carenza di ossigeno non può - secondo i legali - essersi verificata nelle sole ultime ore prima del parto. Com’è possibile, chiedono, che sanitari che controllavano la mamma due volte la settimana non si siano mai accorti di nulla?

 

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