Cosa vedere a Milano: tre edifici raccontano di filantropia e corruzione in città

Milano è una città generosa e da sempre attenta ai più disagiati: lo dimostra la storia di tre importanti edifici che vi raccontiamo.

Casa Verdi di riposo per musicisti

Casa Verdi di riposo per musicisti

Milano, 29 settembre 2015 - Milano, città generosa o Milano sede di potenti traffici e corruzione? Tre edifici ci raccontano due lati della stessa medaglia, fra filantropia e scandali.

Pio Albergo Trivulzio Generosità e impegno, ma anche degrado e corruzione: di tutto questo è diventato sinonimo il Pio Albergo Trivulzio. I milanesi lo chiamano Baggina, ma in realtà il suo nome è “Azienda di servizi alla persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio”. La sua storia risale al 1766 quando il nobile Tolomeo Trivulzio devolse una costruzione in via della Signora e tutti i suoi averi a un ospizio per anziani. All’inizio del XXI secolo il Trivulzio fu spostato nella sede attuale progettata dagli ingegneri Carlo Formenti e Luigi Mazzocchi, perché il primo edificio era troppo piccolo rispetto al numero degli ospiti. In stile Settecentesco, la nuova sede ha una struttura a padiglioni. Il Trivulzio è diventato suo malgrado simbolo dela cattiva gestione della res publica: nel 1992 il presidente della fondazione, Mario Chiesa, fu colto in flagranza di reato mentre intascava una tangente di sette milioni dal proprietario di una impresa di pulizie. Da lì a poco si sarebbe aperta la stagione di Tangentopoli, mentre nel 2011 è stata la volta di Affittopoli: i lussuosi appartamenti venivano affittati a prezzi irrisori a VIP e celebrità.

Casa Verdi L’edificio neogotico in Piazza Buonarroti 29 è sede di una casa di riposo per musicisti: il compositore dedicò gli ultimi due anni della sua vita alla costruzione di un ricovero artisti indigenti. In una lettera all’amico Giulio Monteverdi, il compositore la definì “la mia opera più bella”. Fino a oggi vi hanno soggiornato più di mille persone. Oltre a quelle di Verdi nella casa si trovano anche le spoglie di Camillo e Arrigo Boito. L’ingresso non è a pagamento, ma è gradita una offerta.

Asilo Mariuccia “Ma dove siamo, all’Asilo Mariuccia?”: questa espressione viene spesso usata dai milanesi per redarguire chi si sta comportando come fosse un bambino. Ma cos’è l’asilo Mariuccia? È uno dei tanti luoghi di Milano pensato per i meno fortunati. L’edificio sorgeva in via Monte Rosa 6 ed era stato fondato dalla filantropa: Ersilia Bronzini Majo, la figlia di un piccolo imprenditore rimasto vedovo che venne allevata da una zia. L’antico palazzo è stato abbattuto, ma -anche se ha cambiato indirizzo – l’istituzione esiste ancora: eccone la storia.

La Grande Depressione portò il padre di Ersilia sull’orlo del fallimento ed impedì a lei e alla sorella Virginia di terminare le scuole primarie: fu il fratello Arturo a insegnare alle due sorelle l'inglese e il francese. A ventiquattro anni Ersilia sposò l’avvocato socialista Luigi Majno e, conosciuta la femminista Anna Kuliscioff, prese i primi contatti con quelle donne della borghesia milanese che, attraverso l'impegno a favore dei ceti più disagiati, avevano dato vita al cosiddetto “femminismo pratico”. Dopo la repressione dei moti del 1898, constatando la facilità con cui le associazioni femminili operaie venivano perseguitate politicamente, Ersilia propose di riunirle nell’Unione Femminile Nazionale che, dopo una parentesi di chiusura durante gli anni del fascismo, è tuttora operante. Nel 1902, dopo il tragico lutto subito per la morte della figlia Mariuccia, Ersilia fondò un istituto a lei dedicato, per il recupero delle bambine e delle adolescenti “pericolanti” e cioè vittime cioè di violenze sessuali o già avviate sulla strada della prostituzione. L’asilo Mariuccia era un istituto aconfessionale e decisamente moderno per l’epoca. Ersilia Bronzini Majo si occupò per tutta la vita dei problemi legati alla delinquenza minorile e del reinserimento sociale delle ragazze attraverso la formazione e il lavoro.

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