Il quadro riappare dopo cent’anni. E con lui la magia di Pescarenico

Del capolavoro di Filippo Carcano si erano perse le tracce nel 1914

PROTAGONISTI Fabrizio Pedrazzini gallerista originario  di Bellano e il quadro  di Filippo Carcano (Cardini)

PROTAGONISTI Fabrizio Pedrazzini gallerista originario di Bellano e il quadro di Filippo Carcano (Cardini)

Lecco, 21 marzo 2017 - «Allegria!», esclamerebbe il compianto Mike Bongiorno di fronte a un simile capolavoro del caposcuola del Naturalismo lombardo Filippo Carcano. Non solo perché il dipinto si intitola proprio “Allegria, Pescarenico nel lago di Lecco”, ma anche perché il quadro realizzato nel 1880, una pietra miliare nella storia dell’arte, è rimasto celato per oltre un secolo: l’ultima volta è stato esposto nel maggio del 1914 alla Pinacoteca di Brera per la grande retrospettiva organizzata a pochi mesi dalla scomparsa del maestro mancato all’età di 73 anni. Da allora nessuno ha più avuto la fortuna di ammirarlo, se non pochi intimi, nonostante in molti ci abbiano scritto libri, recensioni e articoli, a testimonianza della sua fondamentale importanza. Da oggi, anzi da venerdì, però sarà di nuovo possibile goderne lo splendore grazie alla mostra in programma alla galleria Art studio Pedrazzini di via Achille Zenon di Milano, in calendario fino al 7 aprile. A restituire l’opera perduta al mondo è proprio Fabrizio Pedrazzini, cinquantenne originario di Bellano, presidente della Fima, Federazione italiana mercanti d’arte. Il quadro è stato presentato nel 1980 a Torino per la quarta Esposizione nazionale delle Belle arti.

Il presidente del comitato espositivo, il piemontese Ernesto Balbo Bertone conte di Sambuy, appena lo vide ne comprese immediatamente la bellezza e l’importanza e lo acquistò per la propria collezione privata. Dopo la retrospettiva di Brera se ne sono però in qualche modo perse le tracce, in molti hanno temuto fosse stato perso, addirittura distrutto. Invece ha superato indenne le due grandi guerre e gli altri eventi del Novecento. «Quando, poco più che trentenne, lo vidi per la prima volta nella villa del Conte Sambuy mi emozionai e fu subito amore – racconta l’esperto bellanese -. E ciò non solo per l’enorme valenza artistica del dipinto che è ritenuto tra i più importanti del maestro lombardo, ma soprattutto per il soggetto che rappresenta e coglie l’essenza del mio territorio, dei luoghi dove ho sempre vissuto. Pescarenico, il lago di Lecco, le Grigne hanno sempre significato per me, milanese d’adozione, le mie origini, la mia terra natìa alla quale resto tuttora profondamente legato e alla quale voglio tributare un omaggio. Mai come in questo dipinto sono riuscito a scorgerne l’importanza e la bellezza».

L’autore ha dato prova di apprezzare ed esaltare, proprio come me, la malinconia del lago e di considerare questo luogo, questo palcoscenico raffinato, come una sorta di isola allegra e felice dove la tristezza dell’animo è sconfitta dall’incantevole fascino e dall’enorme bellezza del paesaggio». La nuova esposizione milanese dell’opera, esattamente 102 anni dopo il suo allestimento, è accompagnata da un rigoroso saggio di Elisabetta Chiodini, studiosa di riferimento per Filippo Carcano, che per ha firmato il testo in catalogo dove ha ricostruito la storia, il percorso espositivo e la ricca bibliografia.