Ecco la statua equestre di Leonardo. L’esperto: "Questa non è una bufala"

L'opinione del professor Franco Cardini sul reperto americano in arrivo in città dal 26 novembre alle Stelline

Al centro il bronzo equestre attribuito a Leonardo

Al centro il bronzo equestre attribuito a Leonardo

Milano, 21 ottobre 2016 -  “No, anche se viene dagli Stati Uniti come il famigerato Codice Da Vinci, e anche se pure qui è coinvolto Leonardo, non credo proprio sia una bufala”: Franco Cardini, il più illustre studioso italiano del Medioevo, si esprime sempre con innegabile franchezza. E così è stato anche ieri mattina, al Palazzo delle Stelline, alla presentazione della mostra, in programma il 25 novembre, che offrirà all’ammirazione per la prima volta in Italia “Horse and Rider”, una scultura attribuita a Leonardo, l’unico suo modello di monumento equestre giunto sino a noi.

Prova autorevole di quell’attribuzione suona l’“expertise” di pugno di Carlo Pedretti, il più celebrato studioso leonardesco, in data 10 luglio 1985 su carta intestata del Dipartimento d’Arte dell’Università della California, a Los Angeles: “Ho esaminato personalmente l’oggetto in questione mentre studiavo i disegni leonardeschi della collezione del castello di Windsor. Ed è mia opinione che questo modello in cera sia opera di Leonardo: la vivacità dell’espressione e la dignità della postura sono esattamente ciò che ci si aspetta da lui” . Una testimonianza che lascia Cardini tutto sommato indifferente: “Certo, quella scultura è talmente perfetta che solo un genio può averla realizzata. Sia stato Leonardo, sia stata mia zia Rosina. D’altronde le attribuzioni sono un pozzo senza fondo di ipotesi ognuna ragionevole, come ci ha insegnato Derrida”.

Il “caso” della scultura in cera d’api – Leonardo progettava una fusione in bronzo, ma la morte glielo impedì - è comunque assolutamente interessante. Unica la somiglianza del cavaliere scolpito con il ritratto di Charles d’Amboise, il governatore francese di Milano effigiato dal maestro fra il 1508 e il 1511, dopo avergli eseguito una sontuosa villa. “È strano quello scarto fra lo sguardo preoccupato del cavallo, i suoi occhi sbarrati mentre alza il posteriore – spiega Cardini, che “qualche chilogrammo fa” amava cavalcare – e lo sguardo sereno del cavaliere, il viso oltretutto volto di lato, e una mano sola a impugnare le redini, l’altra sul cuore. Posa perfetta per un monumento funebre”.

Piuttosto a Cardini, “vecchio socialista”, o “vecchio funzionario asburgico”, danno fastidio le leggi proprietarie su un capolavoro come “Horse and Rider”, la sicurezza, o la sicumera?, di chi esibisce un calco non originale. “Le leggi del collezionismo, della Borsa”. La mirabile scultura equestre appartiene infatti a due americani, Jim Petty e Rod Maly, presenti ieri mattina alle Stelline. Insieme a Ernesto Solari, che curerà la mostra di novembre – che proporrà anche la “Testicciola di terra”, altro pezzo leonardesco mai visto in Italia - ed è autore di uno studio, appena pubblicato, che comprende contributi e testimonianze relativi a “Horse and Rider”. A partire dalla particolare firma di Leonardo: una L maiuscola e una V rovesciata, sigla ideata dal genio di Vinci, riscontrata su un foglio del Codice Abraham. Una storia travagliata, peraltro, quella del cavallo e cavaliere. Lasciata fra tanti altri beni a Francesco Melzi, l’allievo prediletto, l’amico intimo, la scultura finì dispersa fra le proprietà vendute poi dagli eredi. Alla fine dell’Ottocento figurava nella collezione Sangiorgi di Roma. Per evitare che sparisse fra i capolavori razziati dai nazisti venne portata in Svizzera. Dove riapparve proprio grazie agli studi di Carlo Pedretti. E, fra poco più di un mese, apparirà a Milano, proprio a pochi passi dal Cenacolo.